Nel panorama culinario contemporaneo, dove spesso l’esibizionismo sembra prevalere sulla sostanza, incontrare professionisti come Paolo Cherchi rappresenta un vero privilegio.
Giovane Pastry Chef, classe 1984, Paolo Cherchi incarna una filosofia di lavoro basata su serietà, dedizione e una profonda umiltà. Qualità che lo hanno portato a forgiare un percorso professionale di eccellenza, lontano dai riflettori e più vicino alla vera essenza dell’arte dolciaria. La sua storia è un inno alla perseveranza e alla ricerca costante della “pace lavorativa”. Un concetto che per lui assume un significato ben più profondo di un semplice successo di carriera.

Dalla Sardegna all’Alto Adige, un volo finalmente spiegato
La conversazione con Paolo si apre su un tema cruciale: la scelta di lasciare la Sardegna per fare fortuna altrove. Le sue parole risuonano di una lucidità disarmante, svelando le motivazioni dietro una decisione che molti definirebbero coraggiosa, ma che per lui rappresenta semplicemente il riconoscimento del proprio valore. «In Sardegna, purtroppo, non sempre si viene valorizzati. Qui invece, riconoscono il tuo valore effettivo, ti danno premi, ti invogliano, esaltano le tue capacità.»
Un’analisi schietta di un sistema che è afflitto da una “bolla speculativa” dove i costi elevati non corrispondono a servizi adeguati. Paolo Cherchi evidenzia una disparità che rende la sua isola, pur essendo considerata un paradiso, non più sufficientemente competitiva nel lungo termine.
La sua esperienza in Alto Adige, al contrario, gli ha offerto un ambiente dove, non solo le condizioni lavorative sono migliori e le risorse finanziarie sono adeguate, ma nel quale può attingere a fornitori d’eccellenza come GranChef, Selecta e Longino & Cardenal, garantendo così un servizio superiore a una clientela esigente, che cerca esperienze culinarie esclusive, senza bisogno di ostentarle. Questa riflessione iniziale non è solo un resoconto geografico, ma una vera e propria dichiarazione d’intenti. Paolo cercava e ha trovato, un ambiente che nutre la sua passione e riconosce il suo impegno, non solo un luogo dove lavorare.

Le radici di un amore: dal sogno di bambino alle brigate d’eccellenza
La scintilla che ha acceso la vocazione di Paolo per la pasticceria, risale all’infanzia. «Tutto è nato quando ero poco più che un bambino,» racconta, ricordando la scelta di iscriversi all’Istituto Alberghiero insieme a un amico. Un patto tra ragazzi, quasi un gioco: «Lui voleva diventare lo chef più bravo del mondo, e ci è riuscito. Adesso è in Spagna e ha fatto una grande carriera. Allora gli dissi: se tu diventi chef io devo diventare pasticcere, così è iniziata la mia avventura.» Una partenza semplice, quasi casuale, che però ha gettato le basi per una carriera straordinaria.
La fortuna, come la definisce lui, ha giocato un ruolo chiave nei primi anni professionali. A Porto Cervo, durante una stagione lavorativa, ha incontrato figure del calibro di Alessandro Masia, Francesco di Stasi e Alessandro Battazza. Maestri pasticceri che hanno collaborato con i più grandi chef italiani. In soli tre anni, questa “formazione di base” gli ha permesso di apprendere moltissimo, offrendogli un’opportunità rara per un giovane della sua età.
Chiedo come sia riuscito a collaborare con tutti e tre in tempi così brevi, e la sua risposta rivela un contesto di lavoro sinergico e di alto livello. «Eravamo a Porto Cervo nell’attuale Bagaglino che in passato si chiamava Hotel le Palme e realizzavamo la produzione dolciaria per ben quattro hotel. In questo modo si è creata una brigata di altissima qualità, in un ambiente che ha favorito uno scambio continuo di conoscenze e tecniche, fondamentale per la mia crescita professionale.»
Un incontro determinante è stato quello con Alessandro Masia, anche lui di origini sarde, oggi consulente per Carpigiani e docente all’Alma. Queste esperienze formative, unite a una curiosità insaziabile, hanno spinto Paolo Cherchi, a soli 23 anni, a prendere le redini della sua carriera, assumendo ruoli di responsabilità a Livigno e lavorando esclusivamente in strutture tra le cinque stelle e le cinque stelle lusso, tra cui il celebre Cala di Volpe in Costa Smeralda con lo chef Antonio Vallana e l’esclusivo Hotel Park Gstaad nelle Alpi Svizzere. Ma è tra il Trentino e l’Alto Adige che ha trovato il suo “ambiente lavorativo ideale”, consolidando collaborazioni con strutture di alta caratura.
Oltre l’ostentazione: il vero significato della cucina gourmet
Paolo ha una visione molto chiara del lusso e dell’esclusività in cucina. Disapprova apertamente l’esasperazione del concetto di fine-dining da parte di chi frequenta certi ristoranti solo per “ostentare esperienze instagrammabili” e non per apprezzarne il vero contenuto.
Questa profonda comprensione del valore delle pratiche culinarie è stata rafforzata dal suo periodo a Cracovia, dove ha lavorato come consulente per tre anni. L’incontro con Cristian Gadau, CEO di The Best Chef, ha dato il via a una profonda amicizia. Grazie all’invito di Cristian alla notissima manifestazione di livello mondiale, Paolo ha avuto il piacere di conoscere, tra gli altri, Joan Roca, miglior cuoco del mondo nella classifica di The Best Chef del 2017. Sorprendentemente ha ricevuto da lui una proposta di collaborazione per “El Celler de Can Roca”, il suo ristorante di Girona, e nonostante l’enorme gratificazione, ha preferito non accettare.
Questa decisione è maturata dopo aver lavorato di diversi stellati. Un’esperienza definita “bellissima ma davvero pesante” che lo ha portato a capire come sia necessaria “forza ed entusiasmo giovanile” per sostenere i ritmi di realtà così intense. Paolo Cherchi ha raggiunto la sua soddisfazione, ha spuntato quella voce dalla sua lista, e ora può permettersi di essere “un po’ più rilassato.”
Il mondo di The Best Chef gli ha offerto l’opportunità di interagire da vicino con chef di altissima caratura come Eric Vildgaard, Jordi Roca e David Muñoz. Ciò che lo ha impressionato di più, al di là della fama che li caratterizza, è stata la gentilezza e disponibilità dimostrata. «Abbiamo trascorso del tempo insieme e ciò che mi ha fortemente colpito, è che sono delle persone fantastiche, appassionate del loro lavoro ma che non ostentano, che si relazionano in modo semplice e tranquillo,» racconta Paolo. «In netto contrasto con quegli chef che si pongono come obiettivo solo “la medaglia” diventando con il tempo, arroganti e poco affabili.»

L’umiltà come chiave del successo, il segreto di Paolo Cherchi: imparare da tutti
L’intervista a Paolo non è solo un racconto di successi, ma una testimonianza di una profonda umiltà e di una costante sete di conoscenza. «La mia forza è stata la voglia di crescere e di imparare.» Afferma con convinzione. «Ho sempre cercato di carpire insegnamenti da tutti i professionisti con i quali mi sono relazionato, anche dagli chef di cucina, perché molte tecniche che vedevo usare in quell’ambito, le riportavo in pasticceria.»
Questa capacità di osservare, assorbire e rielaborare è ciò che lo ha distinto. Gli chiedo di spiegarmi meglio, e Paolo Cherchi non esita a fornire dettagli affascinanti. «Ad esempio, usare le osmosi, o portare l’aglio nero in pasticceria, mettere il caviale di tobiko, il pesce volante nei dessert. In questo modo ho cercato di mischiare il salato, la croccantezza, la sapidità con la dolcezza, mai troppo eccessiva.
Queste esperienze, unite allo studio della cucina avanguardista spagnola, lo hanno fatto uscire dallo stile tipico italiano. Tanto che, esperti del settore, assaggiando le sue preparazioni, hanno affermato che potrebbe lavorare senza difficoltà, nell’ambito così esclusivo e ristretto dell’avanguardia.
La “Pace Lavorativa” trovata al Panoramahotel Watles. Un sogno diventato realtà
Attualmente, Paolo sta vivendo un’esperienza professionale che definisce perfetta. Si trova al Panoramahotel Watles in Alto Adige, precisamente in Val Venosta, a 1860 metri di altitudine. «Devo dire che questo è un posto fantastico», racconta con un entusiasmo contagioso. Ma ciò che lo ha veramente conquistato sono i proprietari. «I boss sono strepitosi perché sono delle persone gentili e alla mano che mi hanno fatto sentire come a casa, ma soprattutto, caratteristica per me imprescindibile, puntano molto sulla qualità.»
La proposta ricevuta è stata chiara e rassicurante: «Paolo, tu vieni qua e hai carta bianca ma ci devi assicurare che rimarrai con noi tanti anni.» Un investimento nel lungo periodo e una fiducia incondizionata che gli hanno permesso di organizzare il lavoro a suo piacimento. Questa libertà è il frutto della sua reputazione consolidata nella zona, dove Paolo Cherchi ha lavorato in modo serio e professionale rendendolo noto agli addetti del settore e non solo.
Ascoltando le sue parole, si percepisce una profonda serenità e la realizzazione raggiunta. Quando gli chiedo quali siano gli obbiettivi futuri, la sua risposta è un’affermazione decisa: “la pace lavorativa”. E questa “pace lavorativa” non è solo sinonimo di successo, ma di un benessere a 360 gradi raggiunto dopo anni di studio, impegno, abnegazione, che oggi si riflette sulla sua affermata carriera.
I cavalli di battaglia, tra cioccolato e un tocco di storia
Ogni chef ha un piatto del cuore, un’opera che lo rappresenta più di ogni altra. Per Paolo, è “Il cioccolato che passione”. Descrive questa creazione con un trasporto quasi poetico. «Si tratta di una variazione di cioccolati (Dark, Milk, bianco), lavorati in modo diverso, in cui quello bianco viene bruciato per ottenere un sapore biscottato che sa anche di liquirizia e di vaniglia.»
Il motivo di questo amore è duplice, infatti, oltre al cioccolato, c’è il frutto della passione, il suo frutto preferito per antonomasia. Perché questi sapori equilibrati insieme, con note acide, dolci, aromatiche, grasse e avvolgenti creano una combinazione perfetta che rivela la sua maestria nel bilanciare gusti e consistenze. E quando si concede questo piacere? «Quando sono a casa, qualche volta lo preparo per cena, soprattutto quando ho degli ospiti. Quando sono solo, di solito mangio in modo molto semplice. Mi piace creare queste ricette per gli altri.» Un’altra dimostrazione della sua intrinseca generosità.
Il ritorno alla concretezza: il futuro della cucina
Il dialogo si sposta poi sulle sue abitudini alimentari e sulla sua visione della cucina attuale. «Nel corso degli anni, sono andato a mangiare in tanti stellati, anche per vedere le tecniche usate e vivere queste esperienze che ho sempre considerato arricchenti,» racconta Paolo. «Adesso che sono un po’ più maturo mi piace frequentare le trattorie dove posso mangiare con le mani.» Un ritorno alle origini, alla concretezza, che riflette una tendenza più ampia. «Secondo me, si ha una gran voglia di riscoprire le proprie radici. La pandemia ha accelerato questo processo, portando la gente a desiderare “cose vere”.»
Questo approccio si riflette anche nel suo modo di lavorare, che si è evoluto non basandosi più solo su elaborati molto complessi. Per quanto la pasticceria sia fatta di numeri e di grande precisione tecnica, oggi Paolo preferisce creare piatti meno sofisticate. Il suo stile attuale punta sul classico e sulla presentazione.
Al Panoramahotel Watles, si occupa di tutto, dalle colazioni ai gelati, e ambisce a una produzione autonoma totale di tutti i preparati, inclusi gli impasti. Ma c’è un’iniziativa che lo rende particolarmente orgoglioso: realizzare prodotti senza lattosio e senza glutine. «Questa, per me, è una scelta molto importante, dettata dalla crescente diffusione delle intolleranze e dalla volontà di offrire un servizio inclusivo e attento alle esigenze dei clienti.»

La rinascita in natura: benessere e progetti futuri
La vita in Val Venosta ha offerto a Paolo Cherchi, non solo la “pace lavorativa”, ma anche una vera e propria rinascita fisica e mentale. «Sicuramente la mia attività extralavorativa preferita è passeggiare in bicicletta. Amo l’aria pulita, i boschi, l’acqua di montagna, sono letteralmente rinato da quando mi sono trasferito qui,» confessa. «L’ambiente incontaminato, l’assenza di traffico e inquinamento, il cinguettio degli uccelli e la vista delle mucche al pascolo sono elementi che contribuiscono a una qualità della vita eccezionale. Basti pensare che sono sparite le mie intolleranze alimentari, eppure, tutti i giorni mangio burro di malga, latte buonissimo, prodotti sani, frutta fresca.»
Non gli domando quali siano i suoi progetti futuri, perché è evidente che Paolo stia vivendo un presente perfetto, un equilibrio raggiunto dopo anni di duro lavoro e un grave lutto che lo ha colpito. «Adesso ho ritrovato veramente me stesso e sto vivendo molto molto bene. Questa profonda verità racchiude l’essenza della sua filosofia: il benessere personale si traduce in eccellenza professionale.»
Il successo incontrastato: La New York Cheesecake
Nonostante “il cioccolato che passione” sia il suo dolce del cuore, il successo più grande in termini di gradimento è la New York Cheesecake. Una ricetta che gli è stata donata dal suo maestro, Alessandro Masia, e che non ha mai più abbandonato. «È la più buona in assoluto,» afferma con orgoglio.
Paolo ne descrive la preparazione con entusiasmo. «Preparo una pasta frolla con farina integrale, la frullo, unisco burro nocciola con dello zucchero e faccio uno strato di mezzo centimetro come base di uno stampo. In seguito, lavoro del formaggio cremoso prodotto qui in zona (lo cambio a seconda del posto in cui mi trovo) lasciandolo quasi in purezza, aggiungendo della scorza di limone biologico grattugiata fresca e vaniglia. Sovrappongo gli strati e cuocio in forno per 40 minuti. La servo accompagnata con un sorbetto alla fragola e fragole al basilico.»

Nel corso della nostra piacevole chiacchierata, ciò che mi ha colpito maggiormente di Paolo è stata la sua generosità.
Quando gli propongo di regalare una ricetta per i nostri lettori, precisando che non intendo chiedergli di svelare i suoi segreti, la sua risposta è serafica e disarmante: «non ho segreti.» È felice di condividere le sue tecniche, consapevole che “ogni mano è diversa e che il risultato non sarà mai lo stesso.” Una lezione di umiltà e di amore per il proprio mestiere, che lo rende, non solo un eccellente Pastry Chef, ma anche una persona di grande ispirazione.
La storia di Paolo Cherchi è un promemoria potente. Il vero successo non si misura in stelle o riconoscimenti esteriori, ma nella passione autentica, nella costante ricerca della crescita, nell’umiltà di imparare da tutti e, soprattutto, nella capacità di trovare la propria “pace lavorativa”. Il suo percorso, fatto di scelte coraggiose e incontri illuminanti, dimostra come la vera eccellenza nasca dalla dedizione e da un profondo rispetto per l’arte che si pratica, lontano dai clamori e più vicino al cuore.
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