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Partendo dallo storico quartiere di Stampace, il 4 maggio, la città si è unita per vivere uno dei momenti più intensi e significativi della propria storia religiosa e culturale: lo scioglimento del voto a Sant’Efisio.

Il rito, che chiude quattro giorni di celebrazioni, non è solo un atto di fede, ma il culmine di un viaggio spirituale e collettivo che ha raccolto migliaia di persone, intrecciando tradizione e identità.

Le radici della festa risalgono all’11 luglio 1652, quando la città di Cagliari, devastata da una terribile epidemia, invocò l’intercessione di Sant’Efisio. La Municipalità fece un voto solenne: se il santo avesse liberato la città dalla peste, ogni anno sarebbe stata organizzata una processione in suo onore. La liberazione fu un vero miracolo, e dal 1657, la promessa viene mantenuta con un sentito corteo che parte dalla piccola chiesa di Stampace e arriva fino a Nora, luogo del martirio del santo avvenuto il 15 gennaio del 303.

La processione, tra le più lunghe d’Europa, iniziata il 1º maggio, è stata come sempre un atto corale di fede e appartenenza.

Alle prime luci dell’alba, la chiesetta di Stampace è stata avvolta da un’atmosfera solenne. La prima messa si è svolta prestissimo, seguita da un gran numero di fedeli. La manovra di aggiogamento dei possenti buoi è avvenuta nella piazzetta antistante la chiesa.  Poi, a fine mattinata dopo il doveroso saluto militare, avvolto dal profumo delle erbe aromatiche lanciate dai balconi decorati con drappi di velluto rosso, il cocchio contenente il simulacro di Sant’Efisio si è lentamente fatto largo nella stretta via, per iniziare il consueto programma.

La processione è stata guidata da Marzia Cilloccu. L’Alter Nos, che con la fascia tricolore e il Toson d’Oro – un antico simbolo di onore risalente al regno di Carlo II di Spagna – rappresenta il sindaco e l’amministrazione comunale.

La città di Cagliari, decorata a festa, ha accolto migliaia di visitatori. In tanti sono arrivati nel capoluogo per porgere il loro omaggio al Santo protettore dell’isola. Sa Ramadura, il tappeto di petali di fiori ed erbe aromatiche steso lungo le vie del centro storico, ha creato un percorso di straordinaria suggestione. Accompagnato dal canto delle confraternite, dei gruppi folcloristici arrivati da tutta l’isola e dallo struggente suono delle launeddas. Un antico strumento musicale realizzato con canne palustri.

I numeri sono impressionanti. 70 gruppi di devoti a piedi, per un totale di circa 2.800 persone in abito tradizionale. Oltre 200 cavalieri, 56 miliziani divisi in quattro plotoni, a simboleggiare la protezione del santo e 80 suonatori di launeddas.

Il percorso di circa 80 km ha visto il cocchio procedere lento, con migliaia di fedeli al seguito. Le tappe di Capoterra, Sarroch, Villa San Pietro e Pula hanno rappresentato un viaggio non solo fisico ma anche emotivo, culminato nella chiesa di Nora, luogo del martirio di Sant’Efisio.
Durante la permanenza a Nora, il Santo è stato venerato con preghiere e celebrazioni intense. I pellegrini, hanno offerto ex voto e fiori, trasformando il santuario in un luogo di straordinaria bellezza e raccoglimento.

Ogni elemento della festa racconta una storia. Tra le più singolari c’è quella dei i buoi che hanno trainato il cocchio. Anche quest’anno caratterizzati da curiosi nomi. “Fairi Biri” e “Chini Sesi”, un richiamo giocoso al senso di identità: “Fatti vedere, Chi sei”. Allevati dalla famiglia Cabras di Monserrato, questi imponenti animali, di razza Bruno Sarda, sono stati addobbati con la “Cuncordia de Sant’Efis”. Un finimento prezioso in broccato e seta, arricchito da campanelle e nastri colorati.

Quando, la domenica sera, il cocchio ha fatto ritorno alla chiesa di Stampace, tra applausi e lacrime di commozione, la città intera ha riconosciuto la forza della propria fede e il valore della propria storia.

L’Alter Nos, Marzia Cilloccu, ha consegnato la fascia tricolore e il Toson d’Oro, simboli di devozione e onore, ad Andrea Loi, Presidente dell’Arciconfraternita del Gonfalone. Qui, con la pronuncia della formula rituale, è stato ufficialmente sciolto il voto fatto nel lontano 1656. Suggellando un legame profondo e ininterrotto tra Sant’Efisio e i sardi, che parla di una promessa mantenuta per secoli e di una comunità che non ha mai dimenticato il proprio impegno.

La sua festa, con i suoi colori, suoni e profumi, racconta al mondo la storia di un popolo che ha saputo trasformare la devozione in un patrimonio universale.

Infatti, oltre al suo significato religioso, la Festa di Sant’Efisio rappresenta un potente veicolo di promozione culturale e turistica. Per questo, il Comune di Cagliari ha avviato il processo per il suo inserimento nel Registro del Patrimonio Culturale Immateriale dell’UNESCO.

Arciconfraternita del Gonfalone di Sant’Efisio Martire Link

Sara Sanna

Caporedattore
Sarda, scrive da sempre di enogastronomia, da qualche anno in modo professionale. La passione per questi argomenti è una eredità preziosa della sua famiglia dove le tradizioni culturali si sono radicate in simbiosi col piacere di condividere e di godere della scoperta del buon cibo.
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