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Pane artistico tradizionale su tavolo espositivo.

Di Maria Antonietta Dessì

8 Aprile 2025

Di Maria Antonietta Dessì

8 Aprile 2025

 

Quando abbiamo iniziato l’attività di animazione territoriale per avviare le pratiche della richiesta di Indicazione Geografica Protetta per il Pane Coccoi, ci siamo subito resi conto che c’era un problema.

Non che fossimo completamente all’oscuro della questione, ma contattare decine, centinaia di panificatori e sentirsi dire da molti di questi che da lì a poco avrebbero chiuso o abbandonato la produzione di pane fresco, è stato scioccante.

Si crede che quello del pane sia un mondo che non conosce crisi, perché è un prodotto che si consuma quotidianamente ed è immancabile sulle nostre tavole, ma la realtà è che le abitudini stanno cambiando, a tutti i livelli, si tratti di consumatori o di panificatori.
La richiesta cala drasticamente da anni e quel meraviglioso cibo che ha un profilo sacrale, quello che nei millenni ha sfamato intere popolazioni, l’alimento principe che tutti, – anche i più poveri – si sono sempre potuti permettere, improvvisamente attraversa un’era in cui è bistrattato e viene sostituito da banali e squalificanti surrogati, spesso surclassato e condannato come un veleno da evitare.

Un’azione denigratoria, quella contro i carboidrati e i prodotti cerealicoli, che nel tempo ha generato i suoi effetti. Una campagna diffamatoria e ingiusta che è andata di pari passo con un disamore per la professione del panificatore, impegnato la notte quando gli altri dormono e sfiancato di giorno, perché il daffare non manca mai, nemmeno dopo aver visto le luci dell’alba.

E’ una vita parallela a quella del resto del mondo che non piace ai giovani, al momento poco interessati a cimentarsi nel campo e imparare il mestiere, nemmeno quando possono agevolmente sostituire i genitori nei panifici di famiglia, imprese consolidate che continuano a dare soddisfazioni economiche e professionali.

Nel momento in cui ci siamo resi conto che qualcosa era irrimediabilmente cambiato e non in meglio, abbiamo capito che era nostro dovere intervenire.
Se da una parte l’invecchiamento diffuso dei lavoratori e degli imprenditori del settore ci ha scoraggiato, dall’altra è stato un motivo in più per insistere nel nostro progetto di tutela e di valorizzazione.

Laddove il passaggio generazionale – magari tra imprese storiche, leader nel settore – era più difficoltoso, avremmo dovuto fare di più e meglio per dare alle nuove leve, un motivo per prendere in mano le redini di aziende di famiglia altrimenti destinate a cessare, con conseguente dispersione di un patrimonio economico, culturale e identitario che non è solo del titolare dell’impresa, ma di tutti noi.

Tra le innumerevoli tipologie di pane che la Sardegna vanta, abbiamo pensato che il più iconico e simbolico tra i quelli freschi nell’Isola, fosse il pane Coccoi.

Alessandra Guigoni, che ha curato la relazione storica della richiesta di Indicazione Geografica, ne ha individuato e censito ben 350 tipologie.

Il più noto è quello della sposa, ma non si creda che il pane Coccoi non possa essere un prodotto di consumo quotidiano. Se il Pane Pintau è il più complesso, ne esistono comunque decine, centinaia di forme e dimensioni differenti che spesso sono anche associate ad un periodo dell’anno, ad un momento della vita, ad una celebrazione religiosa, ma che possiamo consumare sempre.

Quello che abbiamo in animo di fare, – e ci stiamo lavorando ormai da qualche anno – non è tanto o solo tutelare il nome. L’attività che stiamo portando avanti come Comitato Promotore della IGP, è quella di ottenere un riconoscimento universale con l’iscrizione nell’elenco dei prodotti che compongono la lista delle eccellenze mondiali, ma anche promuoverne le peculiarità, l’immagine e l’utilizzo.

Puntiamo a proteggere la denominazione per legarla indissolubilmente alla Sardegna, ma vogliamo anche invertire il calo dei consumi, di questo come di altri pani tradizionali che trainati dal Coccoi possano trovare nuovo appeal nei banconi delle panetterie.

In un momento storico in cui il mercato è orientato verso pani più semplici, magari a lunga conservazione, facili da imbottire e da consumare, il Coccoi può a maggior ragione confermare e ampliare il suo spazio, nel consumo quotidiano, ma anche inserendosi nella fascia dell’offerta di prodotti di nicchia e di alta qualità, ritagliandosi un ruolo ancor più marcato in occasioni speciali.

Quel pane gioiello che di recente abbiamo visto nella collezione ispirata alla Sardegna degli stilisti Dolce&Gabbana, diventa pane della sposa nei matrimoni, prezioso segnaposto nelle occasioni importanti, un presente come per gli articoli da regalo di grande valore. Ma anche principe nei corsi di panificazione o in cucina, bomboniera per le belle celebrazioni della vita.

Un prodotto così pregiato non poteva che andare verso un percorso di valorizzazione e tutela che ne regoli anche le principali caratteristiche in termini di semole utilizzate, lievitazione, forme, manualità.

Elementi questi, richiamati nella complessa richiesta depositata alla Regione Sardegna e al Ministero dell’Agricoltura e Sovranità Alimentare e che giungerà – si spera presto – alla Commissione Europea.

Il disciplinare di produzione prevede una forma, più o meno complessa a seconda delle preferenze e delle abilità dell’artigiano che lo realizza, può essere delle più svariate, di peso tra i 30 grammi e un chilo e con una crosta liscia e dorata, croccante e sonora nella frattura manuale, immediatamente riconoscibile. La mollica è ancor più singolare: fitta ma morbida, vellutata e bianchissima, gratificante al palato, ottima con il dolce, eccellente con il salato. Dopo la realizzazione dell’impasto e della forma che può essere più o meno allungata, più spessa o più tozza, i decori, se presenti, sono realizzati separatamente e applicati sopra e ai lati e tuttora sono fatti rigorosamente a mano anche nei panifici industriali, con forbici, coltelli, arresoias – coltellini a serramanico, forchette, rotelle dentate o semplicemente con la pressione delle dita.

Alla richiesta di Indicazione Geografica Protetta, in parte finanziata con il progetto Arsinoe stanno lavorando numerosi professionisti, l’Associazione Panificatori della provincia di Cagliari, l’agenzia Agris Sardegna, ma soprattutto i 21 panifici sparsi in tutta la Sardegna che fanno parte del Comitato Promotore.

E’ un progetto complesso che punta a unire i produttori sotto uno stesso cappello e a rivitalizzarne il ruolo e le attività, nella certezza che un panificio che chiude è una perdita per tutto il territorio. Il mondo della panificazione artigianale ha ancora molto da esprimere in termini economici, culturali, sociali. A questo puntiamo.

 

Pane Coccoi Link

Maria Antonietta Dessì

Classe 1972, cagliaritana d'adozione, ma orgogliosamente sanverese di origine, è laureata in scienze politiche. Da 25 anni consulente del credito a imprese e persone, è giornalista pubblicista per riviste di stampa specializzata in materia di agroalimentare.
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