Il Carnevale, una delle festività più amate in tutto il mondo, assume un significato speciale in Sardegna. Questa celebrazione, intrisa di tradizione e cultura, si distingue per le sue maschere, le sfilate vivaci e le feste coinvolgenti che riempiono le strade delle città e dei paesi isolani.
A fine gennaio, nelle piazze di molti centri si usa innalzare spettacolari falò, in onore di San Sebastiano e di Sant’Antonio Abate, intorno ai quali si radunano gli abitanti, rapiti dal calore e dall’atmosfera della legna che arde. Secondo le leggende, i sardi devono ad Antonio la loro sopravvivenza. Fu proprio lui a donare il fuoco agli isolani, duramente provati da inverni freddi e umidi, rubandolo dall’Inferno e portandolo con sé con un bastone di ferula.
Il clima di festa prosegue a febbraio col Carnevale di Sardegna. Un momento in cui le comunità si riuniscono per celebrare la loro cultura, rafforzando legami e preservando antiche usanze. I fuochi di Sant’Antonio ne segnano l’inizio con le prima uscite delle maschere tradizionali. Per terminare col Mercoledì delle Ceneri, inizio del periodo quaresimale fatto di silenzio e penitenza.
Su Karrasecare assume tanti volti affascinanti, quante sono le comunità che lo celebrano, secondo i propri codici, le tradizioni e le abitudini dei diversi luoghi. Gli ancestrali e suggestivi riti barbaricini, gli appassionanti e vibranti carnevali a cavallo di Santu Lussurgiu e Oristano, i festeggiamenti irriverenti di Tempio Pausania e Bosa, quelli colorati e rumorosi di Cagliari.
Il Carnevale sardo ha radici profonde che affondano nel passato, risalendo a tempi antichi e incorporando influenze culturali diverse che si sono mescolate nel corso dei secoli. Si continua a perpetrare festeggiamenti di origine arcaica che rievocano riti e credenze precristiani.
Dell’antico significato pagano rimane oggi l’atmosfera, specialmente nei travestimenti e nei rituali scenografici ricchi di simbologia.
Anticamente, nell’ambito della società agro-pastorale si svolgevano le feste di fine inverno con l’accensione di grandi fuochi, riti cruenti che rievocavano quelli dionisiaci pagani caratterizzati dall’uso di maschere animalesche con fattezze demoniache. Che oggi ritroviamo nei carnevali tradizionali come quello di Mamoiada con i Mamuthones. Vestiti di pelli di pecora nera, col viso coperto da grottesche maschere lignee che ne nascondono l’identità, si esibiscono in una danza ancestrale, cadenzata dal forte rumore di numerosi campanacci caricati sulle spalle.
Le città più grandi, come Oristano e Cagliari, ospitano sfilate spettacolari, dove le maschere tradizionali si mescolano con le creazioni moderne, creando un’atmosfera festosa e vibrante che attira visitatori da tutto il mondo.
Su tutte spicca la celebre giostra equestre de Sa Sartiglia di Oristano. La domenica di carnevale e il Martedì Grasso, un gruppo di cavalieri si lancia in velocità al galoppo, lungo la via del Duomo, nelle corse alla stella. Sono guidati da Su Componidori, capo corsa e supremo giudice, con una maschera androgina, la cui vestizione è curata da Sas Massaieddas. A lui spetta decidere la sorte dei cavalieri, cercando di infilare la stella appesa in alto lungo il percorso, con la spada e con Su Stoccu. Ogni stella infilzata è auspicio di buon raccolto.
Il Carnevale di Cagliari è sempre stato famoso per lo spirito ironico e goliardico come i suoi abitanti. Veraci, scanzonati e ridanciani, sempre pronti a ridere degli altri, ma prima di tutto di sé stessi. Ogni anno, il vivace capoluogo sardo si trasforma in un palcoscenico vibrante e festoso. Questa antica tradizione, amata e attesa dai residenti e dai visitatori di tutta l’isola, riempie le strade di colori, musica e allegria contagiosa. Un inno al mare e ai suoi frutti preziosi, ritmato da centinaia di tamburi che seguono il banditore e che sono la vera anima della Ratantira. Il Carnevale termina con il giorno della Pentolaccia, quando la statua di cartapesta di Re Giorgio, chiamata Cancioffali, viene bruciata, tra gli schiamazzi e le risate, dando inizio all’ultima serata di esagerazioni e di follia, prima della Quaresima.
Le celebrazioni del Carnevale in Sardegna non si limitano alle maschere e alle sfilate, ma coinvolgono anche eventi musicali, balli tradizionali e festival gastronomici.
I dolci di Carnevale sono una deliziosa espressione della tradizione culinaria dell’isola, ricca di sapori autentici e ingredienti locali. Durante questa festa, le famiglie si riuniscono per preparare specialità culinarie locali che deliziano il palato e portano gioia nelle case e nelle strade. Le più diffuse sono sicuramente le zeppole e i fatti fritti.
Le zeppole o Zippulas sono delle frittelle di pasta, che possono essere arricchite con una ricca crema pasticcera, e rappresentano una delizia irresistibile per i golosi di tutte le età. Una volta fritte, vengono spolverate con zucchero semolato e servite ancora calde.
Le chiacchiere, conosciute anche come “frappe” in alcune regioni d’Italia sono dei crostoli formati da sottili strisce di pasta fritta croccante, ricoperte di zucchero a velo.
Gli Arrubiolus non possono mancare nelle case sarde. Si tratta di palline di ricotta fritte, ricoperte con zucchero o miele, e aromatizzate con scorza di arancia o di limone.
In conclusione, il Carnevale in Sardegna è molto più di una semplice festa: è un’esperienza coinvolgente che permette ai visitatori di immergersi nella ricca storia e nelle tradizioni affascinanti di questa affascinante regione italiana. Con le sue maschere pittoresche, le sfilate animate e l’atmosfera festosa, il Carnevale sardo continua a incantare e stupire, rimanendo un punto culminante nel calendario delle festività locali.
Ricetta delle Zeppole Sarde:
Ingredienti:
500 g di Farina 00
250 g di Latte Intero
100 g di Zucchero semolato
3 Uova medie
4 g di Lievito di Birra Secco
0,5 g di Zafferano
800 g di Olio di Semi per friggere
1 Scorza d’Arancia
1 Scorza di Limone
Procedimento:
Setacciate la farina nella ciotola della planetaria. Aggiungete la scorza di limone e quella d’arancia.
In una ciotola a parte sbattete leggermente le uova nelle quali andrete a sciogliere il lievito di birra secco e lo zafferano. Poi aggiungetele agli altri ingredienti nella ciotola della planetaria.
Lavorate l’impasto per circa 5 minuti a velocità media versando il latte tiepido a filo.
Aiutandovi con una leccarda, trasferite l’impasto in una ciotola. Coprite con della pellicola alimentare trasparente e lasciate lievitare in forno spento, ma con la luce accesa per circa 3 ore, o fino a quando l’impasto raddoppia di volume.
Passato il tempo di riposo, versate l’olio di semi in una padella dai bordi alti e fatelo scaldare fino ai 170°C.
Inumiditevi le mani, staccate un pezzo di impasto e formate una piccola ciambella. Mettetela nell’olio e ruotatela con il manico di un cucchiaio di legno.
Cuocete fino a quando le ciambelle diventano dorate. Rimuovetele dalla padella con una schiumarola e posizionatele su un vassoio foderato di carta assorbente da cucina in modo da eliminare l’olio in eccesso.
Ricopritele di zucchero semolato e buon appetito!