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Abbiamo provato a fare un po’ di chiarezza sulla situazione attuale dei Campi Flegrei con Roberto Laringe, rappresentante del Gruppo Imprenditoriale Laringe e Presidente di Federalberghi Campi Flegrei.

Dopo episodi quasi diffamatori messi in atto da stampa e politica, Laringe ha espresso il punto di vista degli imprenditori locali in una lettera aperta rivolta alle istituzioni che alleghiamo all’articolo.
Nel contempo abbiamo raggiunto telefonicamente Laringe per comprendere meglio il punto di vista degli imprenditori flegrei.

Qual è la situazione attuale in zona?

<<Fatte le dovute, e per fortuna limitate eccezioni, la situazione nei Campi Flegrei è sotto controllo.
Nell’immediatezza degli sciami sismici e in corrispondenza di una campagna sensazionalistica allarmante e catastrofista di certa stampa, gli imprenditori locali si sono trovati a dover fronteggiare una serie di disdette da parte della clientela.
Al momento la situazione si è stabilizzata e il problema delle disdette è arginato.
Il flusso turistico sembra essere ricominciato regolarmente e gli alberghi sono in gran parte al completo.>>

Ma esiste davvero un rischio, non solo per i cittadini ma anche per il movimento turistico?

<<Come spiego nella lettera, ci sono poche abitazioni ad oggi risultate inagibili in seguito allo sciame sismico.
La maggior parte delle costruzioni risalenti agli inizi del ‘900, non ha subito alcun danno perché non sono nella zona dell’epicentro delle ultime scosse.

D’altra parte, parliamo di edifici che hanno già attraversato indenni diverse crisi sismiche, che hanno interessato la nostra zona negli anni ‘70 e ‘80.

Quello che teniamo a ribadire è che il 99% del territorio non si è mai fermato, in quanto non c’è mai stata la necessità di interventi strutturali.
In particolare, per quello che riguarda il mio ruolo, faccio riferimento alle strutture ricettive che sono sempre risultate perfettamente agibili.

Il nostro è un rischio sismico limitato per la tipologia delle scosse che ci interessano, che non può mettere a rischio la stabilità della stragrande maggioranza degli edifici.

Siamo invece diventati, tristemente oggetto di una campagna del terrore che si è concentrata solo sul problema, come già detto alquanto limitato, degli sfollati, ponendo in particolare l’accento sulle tematiche dell’abusivismo.>>

A proposito di abusivismo, possiamo fare chiarezza in materia?

<<È bene ribadire che nel nostro caso, se di abusivismo vogliamo parlare, dobbiamo far risalire le origini del fenomeno, che è più giusto definire “parziale o relativo”, molto indietro, andando ad analizzare quello che è stato il periodo di urbanizzazione avviato, nella nostra zona, dallo Stato stesso all’epoca della nascita del movimento industriale che ha interessato il litorale flegreo.

Lo Stato è stato il primo a edificare nella zona, diventando artefice della densità abitativa ritenuta necessaria, per creare gli alloggi al servizio delle industrie nate lungo il litorale.

Già con il piano regolatore del 1885, Pozzuoli visse un boom abitativo enorme, passando da circa 10.000 abitanti a oltre 50.000, proprio in conseguenza degli impianti industriali che man mano venivano installati in zona.

L’edilizia popolare risale quindi a questi interventi dello Stato che doveva fornire alloggi ai lavoratori e che non tenne assolutamente conto, all’epoca, delle potenzialità naturalistiche della zona, andando a deturpare completamente il paesaggio.

Un paesaggio che in qualsiasi altra parte del mondo sarebbe stato già all’epoca preservato andando a potenziarne le opportunità turistiche, è stato invece trasformato nel conglomerato di edilizia popolare con la più alta densità abitativa al mondo.

Oggi, grazie all’ intraprendenza degli imprenditori siamo in una fase di riconversione industriale, nata non in funzione di una strategia di sviluppo del turismo ma per la necessità di sostituire l’industria.
Noi, che eravamo cresciuti con la cultura operaia perché nati in mezzo alle fabbriche, ci siamo ritrovati senza industrie.

Quindi in tanti, spesso anche senza competenze adeguate, si sono rimboccati le maniche e hanno intrapreso, in un primo momento, un percorso rivolto al turismo daily proveniente da un bacino di utenza importante quale può essere quello di Napoli e provincia.

Oggi viviamo una fase di transizione che ha visto la nostra ricettività crescere da un punto di vista qualitativo, con una offerta sempre più adeguata. Non vantiamo hotel 5 stelle al momento, ma ci sono tanti 4 stelle.

Solitamente si tratta di hotel medio piccoli che garantiscono alla zona un tasso di occupazione molto alto.
A questo ha contribuito il processo di aggregazione e promozione proposta da noi imprenditori.
Sarebbe folle mettere a rischio i risultati raggiunti da parte di una campagna di stampa che mistifica la realtà.>>

Oggi, quindi, i Campi Flegrei si stanno aprendo anche a una tipologia di turismo più a lungo termine?

<<Sicuramente sì, anche se possiamo affermare di trovarci ancora davanti a una tipologia di turismo ibrido.

La maggior parte delle attività, in particolare nella ristorazione, basano la propria economia sul turismo giornaliero, mentre le alberghiere si stanno aprendo ad un turismo più stanziale.

Abbiamo costituito anche una rete di imprese per offrire al visitatore una tipologia di turismo esperienziale, per offrire una più idonea fruibilità e mobilità tra i maggiori siti di interesse, che oggi è possibile grazie all’impegno di noi privati.

Con Campi Flegrei Active, che mette insieme 60 operatori locali dell’accoglienza su vari fronti, abbiamo finanziato il collegamento tra 13 siti di interesse, capace di fare anche da interscambio con la mobilità pubblica.

Oggi il turismo 4.0 impone determinate scelte.
È necessario mettere a disposizione del turista molto più di un alloggio. C’è bisogno di una offerta integrata che dovrebbe essere in realtà realizzata anche con l’ausilio delle amministrazioni pubbliche.>>

Quali sono oggi i numeri del turismo dei Campi Flegrei?

<<Solo sul comparto ristoranti e alberghi, oggi diamo lavoro a circa 5.000 persone con un totale di 1.400.000 presenze annue tra alberghi e ristoranti, senza contare tutte le altre attività di accoglienza.
Attualmente siamo senza dubbio, la prima industria del territorio con oltre 160.000.000 di valore aggiunto, cioè di ricchezza prodotta sul territorio.>>

Mi sembra di capire che c’è un impegno, da parte di voi imprenditori, che va molto al di là di quanto sarebbe di vostra esclusiva competenza.

<<Si, è vero. Noi stiamo cercando di convincere anche molti comuni a fare rete tra di loro per migliorare i servizi, come ad esempio le piste ciclabili, che possono ricadere anche su più territori e necessitano di progetti integrati.

Vorremmo costituire una D.M.O. – Destination Management Organization -, che in altre località della Campania, come per esempio Amalfi o Ischia, è già presente.
Si realizzerebbero, in tal modo, dei tavoli alla presenza di comuni e privati per implementare la politica turistica locale.>>

Cosa pensate delle proposte arrivate dal governo sulla messa a disposizione dei fondi per il fenomeno del bradisismo? In particolare, della richiesta di evacuare le zone interessate.

<<Chi ha parlato di evacuazione ha dimostrato di ignorare quella che è la reale situazione della nostra zona. È grave che politici che ricoprono ruoli istituzionali di fondamentale importanza, non si documentino prima di parlare.

Se lo avessero fatto avrebbero scoperto che l’urbanizzazione è avvenuta per mezzo dello stato.
Noi non abbiamo scelto di vivere qui, siamo nati qui e qui abbiamo portato avanti la nostra vita e i nostri sogni, legati all’epoca allo sviluppo industriale.>>

Perché stigmatizzare così tanto la vostra zona con una campagna ai limiti del denigratorio?

<<Ci sono zone turistiche in cui le faglie sismiche fanno davvero paura, la nostra, che nasce da una caldera, è molto meno pericolosa.

Purtroppo, in politica come nei media, si tende a rappresentare la negatività, gli sfollati che cercano casa, le amministrazioni che non fanno il loro dovere o fanno piani regolatori con nuove case, perché fa più notizia.

In realtà nel piano regolatore di Bacoli sono previste nuove abitazioni che verrebbero realizzate soltanto nel caso in cui si rendesse necessario l’abbattimento delle precedenti, in zone ad alto rischio idrogeologico. Invece spesso ci si dimentica che un territorio è fatto di normalità, di persone che lavorano per vivere quotidianamente, di aziende.

Viviamo in una terra straordinaria che oggi stiamo cercando di migliorare grazie appunto al processo di riconversione industriale, dopo aver visto infranti i sogni di un’epoca.
Però la fine dell’industria si è trasformata nell’opportunità di ridare a questa terra la giusta dignità che gli era stata tolta per mano dello stato.

La stessa città di Napoli, con i quartieri di Fuorigrotta e Bagnoli che fanno parte dei Campi Flegrei, ha avuto modo di espandersi nel periodo dello sviluppo industriale.
In quegli anni c’erano due bellissimi progetti per queste zone.

Il primo che prevedeva la costruzione di strutture alberghiere e termali lungo la dorsale che da Napoli sale fin dove oggi si erge l’Accademia Aeronautica, che è poi successivamente sorta nel 1961.
Al posto dell’Italsider a Napoli avrebbe dovuto sorgere un complesso turistico, con all’interno dei canali che gli avrebbero garantito l’appellativo di Piccola Venezia.

Entrambi i progetti furono bocciati per privilegiare l’espansione dell’industria e tutte le scelte di edilizia residenziale pubblica che si sono succedute e hanno completamente cambiato il volto alla città, deturpandolo.

Sono queste le scelte che hanno determinato la densità abitativa che oggi abbiamo e tutto quello che c’è intorno.>>

Cosa chiedete voi imprenditori alle istituzioni?

<<Innanzitutto, una campagna positiva che promuova i Campi Flegrei in un’ottica di turismo internazionale, valorizzandone le straordinarie bellezze, permettendoci di lavorare in tranquillità.

Tranquillizzare inoltre l’opinione pubblica andando a mostrare quella che è una quotidianità che noi viviamo da sempre, convivendo con un rischio sismico limitato.
La maggior parte degli edifici del centro storico, pur risalendo agli inizi del ‘900, è ancora perfettamente agibile.>>

Cosa significherebbe oggi bloccare l’economia dei Campi Flegrei?

<<Significa mettere al tappeto l’economia di un intero territorio che, faticosamente e da solo, si è risollevato dalla crisi industriale, mettendo in ginocchio oltre 5.000 lavoratori con le relative famiglie.>>

Il Presidente ha affidato alla nostra redazione una lettera accorata nella quale denuncia la campagna stampa, in essere oggi in Italia, sensazionalista e catastrofista che non rende giustizia ai Campi Flegrei.

Alla Redazione di MEatingNews

Vi scrivo per segnalarvi la campagna di stampa, in essere oggi in Italia, sensazionalista e catastrofista che non fa assolutamente giustizia sui Campi Flegrei e sulle implicazioni derivanti dalla crisi bradisismica in atto.

Per fare INFORMAZIONE occorre conoscere la storia, le dinamiche che hanno determinato la crescita e lo sviluppo di questo territorio ed i dati scientifici alla base dei rischi che, da ben 15mila anni, si vivono in seguito all’antropizzazione dell’area. Un’area che, contrariamente a tantissime altre località italiane a serio rischio terremoto, non ha mai prodotto né crolli né morti.

Se all’ignoranza di tanti politici (anche comprensibile) si coniuga la disinformazione mediatica si crea un forte disorientamento nei potenziali fruitori dell’area che pone (quella sì) a serio rischio la vita di tantissime persone che vivono nel comparto turistico, oggi unica fonte di ricchezza del territorio.

Oggi, in una fase di riconversione industriale parzialmente completata, il settore turistico limitato ad alberghi e ristoranti da lavoro ad oltre 5.000 residenti. Produce presenze annue superiori a 1.350.000 unità (500.000 gli alberghi e 860.000 i ristoranti). Contribuisce alla ricchezza del territorio per oltre 160 milioni di euro annui.

La disinformazione catastrofista e sensazionalista sta generando delle gravi ripercussioni negative sul comparto che possono mettere a repentaglio il futuro delle aziende. Al momento già si registrano un 20% di disdette, tutte di clientela italiana condizionata da questa ingenerosa rappresentazione.

Come ben saprete, nei comuni Flegrei conviviamo da secoli con due tipi di rischi: quello bradisismico legato alle scosse di terremoto che non potranno mai raggiungere una magnitudo tale da mettere a repentaglio la stabilità della maggior parte di fabbricati esistenti; quello vulcanico che al momento non presenta alcun segnale di ripresa secondo i parametri costantemente monitorati al punto che siamo da tempo significativo in allerta gialla.

E in ogni caso è pacifico ritenere che per una eventuale eruzione (una negli ultimi tremiladuecento anni) i segni premonitori sarebbero tali da consentire una evacuazione controllata anche se nell’area gravitano centinaia di migliaia di persone.

È altrettanto pacifico ritenere che l’eruzione catastrofica di 15mila anni fa, non si potrà mai replicare perché è proprio quella che ha generato la caldera su cui si trovano i Campi Flegrei ed ha “modellato” l’intera regione. Pertanto eventuali remote eruzioni (considerati i dati storici statistici) sarebbero di lieve intensità come quella del 1538 che oltre a non avere generato alcuna vittima ha lasciato alle sue pendici in piedi edifici romani (Tempo di Apollo) costruiti 1600 anni prima!

Agli abitanti dei Campi Flegrei non si può attribuire alcuna colpa o responsabilità per il solo fatto di essere nati in quei luoghi. La storia ci insegna che in quest’area l’urbanizzazione non è stata consentita dallo Stato. È stata realizzata dallo Stato direttamente!

Nel 1884 quando Pozzuoli registrava appena 11.000 abitanti intorno all’antica rocca del Rione Terra, il Ministro Brin invitò la società inglese Armstrong a realizzare un cantiere in Italia indicando tre possibili soluzioni: La Spezia, Pozzuoli e Castellammare.

La Armstrong, pur di non perdere le commesse della Marina Italiana, accettò l’invito e scelse Pozzuoli come localizzazione. Il cantiere, che poteva occupare oltre cinquemila dipendenti, ben oltre il fabbisogno indigeno, diede vita a tutta una serie di scelte urbanistiche che cambiarono per sempre il volto della città.
Pozzuoli, in breve tempo, diventò la città a più alta concentrazione di edilizia residenziale pubblica economica e popolare nata per accompagnare lo sviluppo industriale lungo la costa. Di lì a poco, nel 1904 seguì, sempre nei Campi Flegrei, ma nel Comune di Napoli, il più grande stabilimento siderurgico italiano, l’Italsider.

Quest’ultimo consentì alla città di Napoli di estendersi nei Campi Flegrei creando ulteriori quartieri popolari (Fuorigrotta e Bagnoli) al servizio della nascente industria. Senza considerare, in aggiunta, l’insediamento dell’Accademia Aeronautica con massicci edifici costruiti a meno di cento metri dal vulcano attivo Solfatara.
È in quegli anni che nacquero i quartieri popolari che ampliarono il centro storico di Pozzuoli. Oggi sono i fabbricati di quei quartieri, al centro della crisi in atto, che stanno pagando le conseguenze delle recenti scosse e stanno risultando, alcuni, inagibili.

E sono quegli stessi fabbricati che hanno superato indenni le crisi bradisismiche degli anni 70 ed 80 e che sono rimasti in piedi, nonostante si fosse costruito altrove un nuovo quartiere (Monteruscello) per delocalizzarne gli abitanti.

Il Rione Napoli (oggi Via Napoli), il Rione Annunziata, il Rione Turchi Ricotti tra l’anfiteatro ed il porto, il Rione Solfatara a pochi passi dall’omonimo vulcano, il Rione Armstrong, il Rione Artiaco subito dopo, tutti nati con il piano regolatore del 1885.

Tutta edilizia al servizio degli operai occupati nelle fabbriche che si insediavano nell’area. E lungo la costa continuava l’edilizia pubblica con il Rione Pirelli al servizio dell’omonima industria, il Rione Gescal ed ancora dopo nel 1947 l’Ina Casa di Arco Felice alle pendici del Monte Nuovo già precedente sventrato dal primo esempio italiano di trasformazione urbanistica in senso pubblico popolare.

Il sindaco comunista Grobert fece costruire, alle pendici del Monte Nuovo, le prime case popolari italiane (1912) sventrando buona parte di quel Monte spuntato poco più di 300 anni prima. Quelle stesse case, non ritrovandosi in un’area epicentrica, risultano, nonostante l’anno di costruzione, ancora oggi perfettamente agibili. Questo per meglio asserire sul rischio sismico dell’area.

Ci fu, pertanto, un massiccio intervento pubblico sia a Pozzuoli che a Bagnoli (Napoli) che sovrastò progetti che andavano in una direzione opposta. Nel 1874 il progetto dell’ingegnere Danise che prevedeva uno sviluppo della città di Pozzuoli da Via Napoli alla Solfatara con alberghi e centri termali. E nello stesso periodo il progetto del famoso architetto Lamont Young che auspicava per Bagnoli (Napoli) uno sviluppo turistico sul modello di Venezia che appunto denominò la piccola Venezia.

Progetti che, manco a dirlo, non avrebbero determinato questa massiccia antropizzazione del territorio.
Sarebbe pertanto il caso di finirla additando gli “abusivi” che vivono e prosperano su un supervulcano che supervulcano non è (leggi le osservazioni del geologo fiorentino Aldo Piombino a proposito dei Campi Flegrei).

La stragrande maggioranza degli edifici nei Campi Flegrei non ha subito alcun danno dalle recenti scosse ed oltre il 99% della popolazione continua a vivere tranquillamente nella propria casa ed a svolgere regolarmente la propria attività.

E sono quelle stesse case che anche durante le crisi del 70 e dell’82 hanno continuato ad essere vissute senza soluzione di continuità e senza necessità di alcun intervento manutentivo necessario.

Gli alberghi sono tutti aperti, non registrano alcuna crepa e lavorano a pieno regime. La vita scorre normalmente anche quella dei numerosissimi turisti stranieri che affollano ed apprezzano la nostra area per nulla spaventati da micro scosse che in talune zone non sono nemmeno lievemente percepite.

Sperando di aver fatto chiarezza e che la Redazione di MEatingNews possa aiutarci per una operazione verità sui Campi Flegrei finalizzata a salvaguardare i risultati raggiunti in termini di sviluppo turistico in un territorio, nostro malgrado, costretto in passato alla vocazione industriale, Vi saluto cordialmente

Roberto Laringe

Federalberghi Campi Flegrei Link 

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