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Di Sara Sanna

5 Novembre 2023

Di Sara Sanna

5 Novembre 2023

 

Oggi non si parla d’altro, o quasi, il granchio blu è diventato un tema ricorrente per via dell’emergenza generata dalla sua smodata proliferazione.

Ma andiamo con ordine…

Il granchio blu, o anche granchio reale blu, o Callinectes sapidus, se vogliamo chiamarlo con il suo nome scientifico, è un crostaceo decapode (nella stessa famiglia troviamo gamberi, granchi e paguri) originario delle coste atlantiche del continente americano.

Predilige vivere negli estuari dei fiumi, in zone lagunari sabbiose e fangose. Non fa nessuna fatica a adattarsi a temperature comprese tra i 5°C e i 35°C, e a valori di salinità tra 2 e 48 ‰ ma può tollerare anche acque ipersaline fino a valori del 117 ‰.
È una specie estremamente fertile, la femmina può deporre da 700.000 fino a 8 milioni di uova, per questo motivo si riproduce molto velocemente.

Nell’habitat originario, rappresenta una fonte importantissima di cibo per i suoi predatori naturali, ovvero uccelli, pesci, tartarughe marine e naturalmente l’uomo. Ma se portato altrove, soprattutto in sistemi più piccoli e delicati del vasto oceano Atlantico, risulta molto più difficile controllarne lo sviluppo. Ed è questo che lo ha reso una specie aliena invasiva e vorace in grado di distruggere interi ecosistemi marini.

Altro aspetto temibile di questo crostaceo dalle misure considerevoli, che arriva a un chilo di peso, per 15 centimetri di lunghezza e 25 di larghezza, è che si nutre di qualsiasi cosa abbia a disposizione. Vongole, cozze, crostacei, uova e pesci, in particolare gli avannotti, (i pesci appena nati), andando così a intaccare direttamente la popolazione futura. Addirittura, in mancanza di altre risorse, si è adattato al cannibalismo.

In Italia, come in altri paesi del Mediterraneo, il granchio blu è arrivato accidentalmente nei grandi cargo dediti ai commerci internazionali. In via teorica, a fine viaggio, le acque raccolte in stiva per equilibrare il natante, si sarebbero dovute filtrare, prima di essere riversate nel Mediterraneo. Evitando così, che i granchi fossero liberi di invadere i nuovi fondali.

In questo modo, l’aggressivo crostaceo non è andato solo a destabilizzare l’equilibrio dell’ambiente in cui è stato portato, in questo caso il Mediterraneo e in particolare l’Adriatico, ma ha anche generato gravi problemi al settore ittico. Secondo Fedagripesca-Confcooperative, il danno economico attuale causato dal granchio blu in Italia, avrebbe già raggiunto i 100 milioni di euro, solo per l’acquacoltura.

Il Mediterraneo è il mare più colpito dall’invasione di varietà aliene: circa 986 specie secondo una lista redatta dal WWF nel 2021, di cui il 10% sono catalogate come invasive. Ovvero, potenzialmente dannose per l’economia e l’ambiente. L’unica soluzione è, ogni qualvolta possibile, adattarsi e trasformare questo cambiamento in opportunità.

Per contrastarne l’invasione, il governo italiano ha stanziato 2,9 milioni di euro in favore dei consorzi e delle cooperative di pescatori, aprendo una stagione straordinaria di pesca al granchio blu. Secondo il Resto del Carlino, solo in Veneto ben 326 tonnellate di raccolto.

Anche Grecia e Spagna stanno già affrontando da tempo lo stesso problema, e in varie aree i pescatori si sono adattati alla pesca del granchio con le nasse. Nel delta dell’Ebro, in Spagna, il granchio blu ha raggiunto un ottimo valore economico. Visto che estirparlo è impossibile, almeno se ne trae un vantaggio.

Un esempio di gestione virtuosa dell’emergenza granchio blu è dato dalla Tunisia, che senza ricorrere allo strascico, bensì adattandosi alla pesca con nasse appositamente modificate per catturarlo, ha ottenuto dei risultati molto più efficaci.

Si tratta di un sistema di pesca passivo che non prevede il traino sul fondale e garantisce una cattura più selettiva rispetto alle reti. Le trappole, se adeguatamente gestite, hanno un impatto ambientale ridotto. Questo ha permesso di aprire con successo nuove filiere e linee di commercializzazione.

Il cliente principale del granchio blu è il mercato asiatico a cui si sono aggiunti Italia, Spagna, Stati Uniti e i paesi del Golfo Persico.

Oggi quella del granchio blu è un’economia solida e una filiera completa che include e dà lavoro a pescatori, trasporto e logistica, aziende di trasformazione e commercianti. A titolo informativo, a Cagliari si trova con facilità ancora vivo sui banchi del  Mercato di San Benedetto, a 6 euro al Kg.

Lo Chef Marcello Sanna del Ristorante Olimpia di Terralba ci propone la sua ricetta, resa ancora più gustosa dagli spaghetti Itrya della Filiera del grano duro coltivato e trasformato in Sardegna, Sardo Sole, e dall’olio “Terre dei Giganti” extravergine di oliva monocultivar di qualità superiore, della varietà semidana, presidio slowfood.

Ingredienti:

320 g di spaghetti Itrya Sardo Sole
1 kg di granchi blu
50 g di concentrato di pomodoro
1 spicchio d’aglio
100 ml di vino bianco secco
olio extravergine d’oliva q.b.
sale
prezzemolo

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Procedimento:

Lavate e spazzolate i granchi prima di cucinarli. Tagliateli in pezzi, eliminando le zampe e le branchie. Togliete la calotta e preparate un soffritto con olio, aglio, e se gradite anche un pezzo di peperoncino fresco. Unite i granchi, e continuate la cottura per 2 minuti. Sfumate con il vino e aggiungete il concentrato di pomodoro. Lasciate cuocere per 15 minuti circa.

Cuocete gli spaghetti in abbondante acqua salata, scolateli al dente e uniteli al condimento. Mantecate per un minuto, impiattate, guarnite con il prezzemolo e le chele dalle quali avrete estratto la polpa con l’aiuto di una pinza per crostacei.

 

Sara Sanna

Caporedattore
Sarda, scrive da sempre di enogastronomia, da qualche anno in modo professionale. La passione per questi argomenti è una eredità preziosa della sua famiglia dove le tradizioni culturali si sono radicate in simbiosi col piacere di condividere e di godere della scoperta del buon cibo.
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