Questa è indubbiamente, l’estate degli scontrini pazzi, degli ombrelloni a 100 euro al giorno, delle parmigiane sequestrate, delle porzioni di torta e delle polemiche a tutti i costi.
Così mi è venuto spontaneo pormi una serie di domande, che in certi casi si sono rivelate retoriche, semplicemente usando un pizzico di obbiettività.
Sono davvero fondate tutte le proteste a cui assistiamo quotidianamente da qualche settimana? Hanno ragione i clienti o i ristoratori? C’è un po’ di responsabilità anche dei giornali che alimentano le discussioni, creando la notizia, dove in realtà non c’è, in cerca di qualche lettore in più?
Abbiamo letto di tutto e di più, dal mezzo toast al doppio cucchiaino, fino alla ricevuta di 800 euro per gnocchi e tigelle (per 24 persone…).
Ogni mattina è caccia allo scontrino più scandaloso e alla recensione più cattiva. È così deprecabile il ristoratore che fa pagare il coperto e le stoviglie per 4 persone (quelle realmente sedute al tavolo) anche se i clienti ordinano solo un primo e un secondo da dividere in quattro?!
La ciliegina è stata posta, alla vigilia di ferragosto, sulla torta portata da casa senza preavviso, e porzionata dal ristoratore che ha fatto pagare questo servizio al cliente.
Ma siamo proprio sicuri che il cliente abbia sempre ragione? Sarebbe bene se ci fermassimo un attimo a ragionare.
Tutti ormai sapranno, che per portare il dolce al ristorante è necessario garantirne la tracciabilità. Questa precauzione, consentirà di risalire al responsabile, in caso di problemi dopo la consumazione, sollevando così la struttura che si è limitata a fornire solo il servizio.
Quindi no al dolce fatto in casa per la festa di compleanno al ristorante ma si, se il ristoratore è favorevole, alla torta di pasticceria con scontrino e lista degli ingredienti in bella vista.
Per quanto riguarda la richiesta di pagamento del servizio aggiuntivo da parte di alcuni esercenti, mi viene in mente una similitudine con un’altra pratica diffusa nel mondo della ristorazione.
Nel settore enoico, infatti, esiste il diritto di tappo. Regola più o meno codificata, in base alla quale il cliente può portare, meglio se previo avviso e seguendo qualche piccola regola, la propria bottiglia al ristorante.
Il ristoratore è libero di accettare o no tale pratica e ha diritto a chiedere una cifra che solitamente, in Italia, si aggira intorno ai 10 euro per il servizio e le stoviglie impiegate.
Perché non può valere lo stesso principio, se al posto della bottiglia porto una torta o chiedo un surplus di piatti, posate e bicchieri rispetto a quanto ho ordinato?
Il ristoratore, al netto di qualche meteora che esercita questa professione per passione, lavora per vivere, ha spese da affrontare, stipendi da pagare, intere situazioni da gestire, rispettando equilibri non sempre facili da conservare.
Il cliente dal canto suo, vorrebbe, soprattutto in questo periodo estivo, godersi un momento di piacevole relax senza grosso impegno economico. Le due cose sono compatibili? Probabilmente sì, ma bisognerebbe rispolverare una bella dose di buon senso infarcita con un pizzico di rispetto per gli altri.
Da condannare sicuramente quindi, i prezzi folli che impazzano da una parte all’altra della penisola che sono però altra cosa dal rispetto del lavoro altrui.