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La pizza: un piatto amato in tutto il mondo, capace di scatenare passioni e dibattiti accesi. Tuttavia, tra le varie discussioni culinarie, poche sono così controverse (vedi la panna nella carbonara) come quella riguardante la pizza con l’ananas.

Questa combinazione di ingredienti, che unisce il dolce dell’ananas al salato del formaggio, ha diviso gli appassionati della pizza in due fazioni contrapposte: i sostenitori convinti e i detrattori inflessibili.

Per i suoi sostenitori, questa pizza rappresenta un’esplosione di sapori e contrasti che rendono ogni morso un’esperienza unica. L’ananas, dolce e succoso, a loro dire, si sposa alla perfezione con il fior di latte, creando un equilibrio gustativo che conquista il palato.

Inoltre, costoro, ritengono che la pizza con l’ananas sia un piatto innovativo e creativo. Capace di rompere gli schemi tradizionali e sorprendere con una combinazione insolita ma deliziosa.

Dall’altra parte della barricata, i detrattori non risparmiano critiche. Per i puristi, l’inserimento di questo frutto sulla pizza, è una violazione dei principi fondamentali della gastronomia italiana. Un’offesa alla tradizione culinaria del nostro paese, elevando il dibattito a una questione di identità nazionale.

Ritengono che il dolce e l’acidulo dell’ananas siano incompatibili con il sapore della pizza, compromettendone l’autenticità e rovinandone l’equilibrio gustativo.

Tuttavia, al di là delle opinioni contrastanti, è innegabile che la pizza con l’ananas abbia guadagnato una certa popolarità in diverse parti del mondo.

Ma andiamo con ordine, “l’inventore della pizza con ananas è Sam Panopoulos, un ristoratore originario della Grecia. Trasferitosi in Canada, decise, nel 1962, di sperimentare questa specialità culinaria nel suo ristorante “The Satellite”, nella città di Chatham Kent, in Ontario.”

Erroneamente la sua origine viene attribuita alle Hawaii, dove si è diffusa ed ha conquistato i palati di molti, arrivando a diventare una presenza fissa nei menu di numerosi ristoranti e pizzerie internazionali.

Apparentemente, la questione, resta un dilemma senza soluzione definitiva. Mentre da alcuni è celebrata come un’innovazione gastronomica, da altri viene respinta come un’eresia culinaria.

Tuttavia, forse proprio in questa polarizzazione risiede il suo fascino. La pizza con l’ananas, con il suo potere di suscitare emozioni così intense, continua a essere oggetto di discussione e riflessione, dimostrando che la gastronomia è, e sarà sempre, una questione di gusti personali e di interpretazioni individuali.

La sua diffusione ha contribuito a rendere questa originale pizza, un simbolo della diversità e della globalizzazione culinaria, in grado di unire gusti e tradizioni provenienti da ogni angolo del pianeta.

Detto questo, qualche giorno fa, ho deciso, in compagnia di alcuni amici, di recarmi nella pizzeria di recentissima apertura di Gino Sorbillo a Bologna, che qualche tempo fa, ha scatenato una ben nota polemica, proprio per la scelta di inserire nel menù la pizza con l’ananas.

E ho deliberatamente scelto di assaggiarla libera da preconcetti, curiosa di come potesse risultare l’abbinamento tra gli ingredienti usuali e questo frutto insolito da trovare nelle preparazioni salate.

Entrati dopo pochi minuti di attesa (ci aspettavamo una fila lunghissima) fatta una scelta rapida, due classiche margherite, la mia con il ben noto frutto tropicale e una più particolare con le scarole, ci hanno servito altrettanto celermente, e all’arrivo delle pizze fumanti, l’occhio ha avuto la sua parte, perché si presentavano belle e accattivanti.

I problemi si sono presentati al primo morso, e da li, mi è tornato in mente il detto che non bisogna fidarsi delle apparenze.

Nonostante la musica molto alta di un noto artista nazionale (no, non era un neomelodico) siamo riusciti a comunicare le nostre impressioni a caldo. A detta di tutti, i difetti presenti erano i medesimi in ogni pizza. Pasta poco lievitata, cotta male e di conseguenza gommosa.

La mia aveva in più, un forte sapore di cenere causato dal forno evidentemente pulito in modo non attento, che ha creato una patina di bruciato decisamente poco piacevole.

Ma la cosa che mi ha lasciata perplessa è stata la non corrispondenza tra la descrizione della pizza riportata in menù e quella che mi è stata presentata.

“Bianca, con provola affumicata dei Monti Lattari, ananas in doppia cottura (?) scagliette di Cacioricotta di Bufala del Cilento sul cornicione, olio extravergine di oliva e basilico.”

L’abbinamento tra ananas sciroppato, (perché di questo si tratta) e gli altri ingredienti è risultato assolutamente non equilibrato. E il sapore del frutto, decisamente troppo dolce, ha coperto persino quello del Cacioricotta normalmente ben evidente al palato.

Così dopo aver terminato velocemente abbiamo lasciato il locale con l’amaro in bocca (la cenere ma non solo) e mi è venuta spontanea una domanda:

Cosa fa buona una pizza?

L’impasto, gli ingredienti, la lavorazione, persino l’acqua utilizzata (a quanto affermano i miei amici di Napoli) ma questo non basta. Per rendere piacevole un’esperienza culinaria che ti invogli a tornare, anche il servizio e l’accoglienza del locale, occupano una parte importante.

Ma soprattutto, l’attenzione rivolta al cliente che si manifesta in tante maniere. Da un sorriso all’entrata, ai modi garbati, al non servire una pizza cotta male.

MEatingNews pizzerie link

Sorbillo Bologna link

 

Sara Sanna

Caporedattore
Sarda, scrive da sempre di enogastronomia, da qualche anno in modo professionale. La passione per questi argomenti è una eredità preziosa della sua famiglia dove le tradizioni culturali si sono radicate in simbiosi col piacere di condividere e di godere della scoperta del buon cibo.
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