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Di Iolanda Maria Irene Minasola

11 Dicembre 2025

Di Iolanda Maria Irene Minasola

11 Dicembre 2025

Ci sono profumi che, come certe pagine di Proust, sanno riportarti indietro nel tempo. Profumi capaci di risvegliare, senza preavviso, quel ricordo che affiora non per volontà, ma per affinità sensoriale.

Per me quel profumo è quello della pizza de L’Antica Pizzeria da Michele, la stessa che raggiungevamo da bambini dopo il giro tra i pastori di San Gregorio Armeno, nel pieno del Natale. Il rito non cambiava mai. La folla, le botteghe, le luci, e la pizza più semplice e più buona del mondo, servita su tavolacci condivisi. Era una pizza che parlava la lingua della mia infanzia, essenziale, democratica, perfetta.

E quando ho scoperto di non poter più mangiare glutine, quel ricordo è rimasto come sospeso.

Finché, qualche settimana fa, sono arrivata ad Aversa, per l’inaugurazione del nuovo forno dedicato esclusivamente alla pizza senza glutine de L’ Antica pizzeria Da Michele.

E lì, inaspettatamente, ho fatto un viaggio nel tempo e quel ricordo è tornato a vivere.

Da Napoli al mondo: una tradizione che viaggia senza perdere identità

Fondata nel 1870 dalla famiglia Condurro, L’Antica Pizzeria da Michele è oggi un’icona internazionale.

Da Via Cesare Sersale, a Napoli, la sua pizza ha attraversato i confini fino a diventare un modello riconosciuto in tutto il mondo. Questo è avvenuto grazie al progetto “Michele in the World” i cui AD sono Alessandro Condurro e Francesco De Luca. Oggi il progetto conta decine di sedi in Italia e all’estero.

La filosofia resta immutata: metodo, rigore, semplicità.

«Ogni pizzaiolo, in qualunque parte del mondo lavori, segue il metodo Michele passo dopo passo», mi racconta Condurro e aggiunge: «È l’unico modo per garantire che la pizza sia davvero la stessa.» Subito dopo precisa un dettaglio che racconta più di molte dichiarazioni ufficiali:«In alcuni Paesi non era consentito importare la mozzarella e noi, piuttosto che sostituirla con un prodotto diverso, abbiamo preferito non aprire. Se non possiamo fare la vera pizza, allora non ha senso farla.»

Poi sorride, quasi a voler anticipare una domanda che non ho ancora fatto:

«Mi sono avvicinato al senza glutine perché la fidanzata di mio figlio ha questa necessità alimentare, e questo mi ha dato lo stimolo per far sì che anche chi ha questa esigenza possa vivere l’esperienza della vera pizza.»

Aversa, però, compie un passo ulteriore, infatti porta questa tradizione dentro uno spazio nuovo, quello del senza glutine fatto bene, quello che non chiede rinunce, ma restituisce un’esperienza completa.

Aversa: il ponte tra tradizione e inclusività alimentare

La sede di Aversa — insieme a quella di Salerno — è oggi una delle due pizzerie che producono pizza senza glutine con forno e linee dedicate. Non una variante di servizio, ma un progetto sviluppato con cura, studio e un lavoro tecnico durato anni.

A raccontarlo è Antonio Falco, executive chef e responsabile della ricerca sull’impasto gluten-free per L’Antica Pizzeria da Michele

La sua esperienza nasce da lontano: «Già tredici anni fa lavoravo in una pizzeria dedicata al senza glutine. Avevo amici celiaci e uno dei soci ha un figlio celiaco: sapevo bene quali erano i difetti che incontravano sempre. L’impasto troppo spesso, la gommosità, oppure — al contrario — quella consistenza da biscotto che non c’entra nulla con la pizza napoletana

Una pizza senza glutine identica a quella tradizionale

Per L’Antica Pizzeria da Michele, la sfida è stata doppia, infatti rendere buona una pizza senza glutine non bastava; doveva essere identica alla pizza tradizionale. Doveva essere larga, sottile, morbida, elastica.

«La nostra pizza è notoriamente larga e sottile. Senza glutine era difficilissimo ottenere lo stesso risultato, mancava l’elasticità naturale. Ma ci siamo riusciti lavorando non solo sulla ricetta, ma sull’intero processo.»

Falco spiega che il risultato è frutto di anni di studio e di tentativi. Questo include l’utilizzo della farina Caputo FioreGlut e l’aggiunta di un ingrediente naturale capace di dare elasticità senza appesantire. Anche i tempi di impasto e di staglio sono stati calibrati al minuto. I riposi sono attentamente controllati e una stesura è stata studiata per ottenere una pizza larga e sottile, proprio come la versione con glutine.

«Una pizza senza glutine deve essere bella già alla vista. Non può arrivare in teglia, piatta e triste. Deve somigliare in tutto alla pizza normale, altrimenti non è Da Michele.»

Guardando le pizze servite ad Aversa — morbide, pieghevoli, con un cornicione gonfio e bruniture tipiche della cottura a legna — è chiaro che l’obiettivo è stato raggiunto.

La degustazione: una prova concreta dell’eccellenza

Il menù della sede di Aversa è ampio e variegato, e tutte le pizze proposte possono essere realizzate anche nella versione senza glutine, con una differenza di soli 2 euro. Durante la mia visita ho assaggiato sei pizze: Margherita, Salsiccia e friarielli, Angeli e Demoni, Marinara, Cosacca e Bufalina. Gusti diversi, alcuni più semplici, altri più ricchi. In tutti i casi l’impasto senza glutine ha retto perfettamente il condimento, mai uno spicchio sfaldato, mai una base gommosa o biscottata, mai una piega che non fosse da vera napoletana.

Un merito che va riconosciuto anche ai pizzaioli presenti quel giorno, Domenico Mosca e Fabrizio Liguori. Essi hanno interpretato la versione gluten-free con la stessa cura, tecnica e sensibilità della pizza tradizionale.

Fra tutte, quella che mi ha colpita di più è stata la Angeli e Demoni, la proposta speciale di novembre: fior di latte, creme di formaggi, erborinato, ’nduja, noci e miele all’uscita. Una pizza complessa e affascinante. L’impasto gluten-free non solo l’ha sostenuta senza cedimenti, ma le ha regalato una morbidezza sorprendente.

Aversa, come Salerno, e presto anche Pompei,  aprono una nuova possibilità a chi deve evitare il glutine. Offrono una pizza che non è un’alternativa, ma una vera esperienza napoletana.

L’Antica Pizzeria da Michele Aversa Link

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Iolanda Maria Irene Minasola

Sono stata sommelier professionista per oltre un decennio, lavorando nell’alta ristorazione e in importanti strutture ricettive. Ho vissuto tra tavole e cantine, affinando sguardo, palato e ascolto — un’esperienza che oggi si è trasformata in racconto. Scrivo di enogastronomia, accoglienza e cultura del gusto, cercando storie che sappiano parlare di persone e territori. Credo nell’ironia come forma di resistenza e nella bellezza come fatto politico.
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