Alessandro Condurro, anagraficamente prossimo ai 50, con l’energia di un ventenne e la risolutezza di un project manager in carriera, rappresenta il volto mediatico della storica Antica Pizzeria da Michele in the World.
Durante la nostra chiacchierata, non si trova dietro una scrivania, nonostante il suo impegno anche da Commercialista, ma sta accompagnando suo cugino, Francesco De Luca, alla stazione per arrivare a Roma e poi proseguire per Malta dove si è appena aperto un nuovo locale, della ormai lunghissima catena dell’Antica Pizzeria da Michele, in giro per il mondo.
Contagioso nella sua ironia che, chi lo conosce e lo segue nei social, esprime senza filtri, e con una coerenza difficile da trovare in un mondo troppo condizionato dai compromessi. Traspare il suo essere sciolto, deliberato a fare, da una spinta interiore, che nasce dalla mente e dal cuore.
Alessandro, partiamo dall’informazione più importante. Quando aprirete a Cagliari?
Allora, probabilmente, arriveremo anche a Cagliari. Al momento non c’è una data definita, e non sarà prima del 2025, ma la cosa importante è che l’abbiamo messa nel mirino. Oggi stiamo pianificando le aperture del 2024, c’è un lavoro che parte un anno, un anno e mezzo prima. Le aperture che stiamo facendo adesso le abbiamo contrattualizzate un paio d’anni fa. La tempistica è questa.
Siete a quota 40 pizzerie aperte in tutto il mondo (numero che sarà aumentato nel momento in cui avverrà la pubblicazione dell’intervista). Come funziona questo franchising?
Affinché una pizza di Michele possa essere definita tale, è fondamentale che avvenga la trasmissione del know-how, durante i corsi di formazione. Istruiamo personalmente i pizzaioli dei nostri affiliati, che vengono a Napoli a fare uno stage presso la nostra pizzeria, oppure presso la scuola di formazione che abbiamo ad Aversa.
Poi, un mese prima dell’apertura, mandiamo i nostri pizzaioli nel locale che sta nascendo, per continuare a istruire il personale della squadra. Seguiamo in tutto il percorso la start up, e stiamo sul posto per i 10 – 15 giorni successivi, a monitorarne l’andamento.
Il secondo fattore che contraddistingue tutti i nostri affiliati è rappresentato dalle materie prime utilizzate. Su tutte le margherite di Michele, in tutti i continenti, c’è il fior di latte di Agerola. Da Los Angeles a Dubai fino a Tokyo, partendo da Aversa, ovviamente.
Una bella rete di forniture che porta i prodotti campani in tutto il mondo. Questi sono i due requisiti fondamentali perché la pizza di Michele in the World, sia quanto più somigliante a quella storica di Forcella.
Dove, con solo due pizze sul menù a garanzia di qualità, ricerchiamo da più di cent’anni i sapori del passato. Garantiti dagli ingredienti delle eccellenze campane: dalla farina, al fiordilatte, all’olio.
Che poi, tu mi insegni che la pizza è acqua, farina e sale, ma c’è tutta una serie di cose da considerare. Mai una è perfettamente uguale all’altra.
Essendo un prodotto artigianale, oltre agli ingredienti usati, c’è da considerare la manualità del pizzaiolo. Noi cerchiamo bene o male di fare scuola, chi lavora per noi in tutto il mondo, usa le stesse tecniche e la medesima metodologia nella preparazione dell’impasto e nella cottura. Poi, essendo un prodotto fatto dalle mani di un essere umano, il risultato sarà ovviamente variabile.
Siamo orgogliosi, grazie allo studio e alla dedizione, di essere riusciti ad avere una percentuale di avvicinamento al prodotto di Napoli molto elevata. Certo, non posso affermare che la pizza Margherita che mangi a Londra, sia perfettamente uguale a quella che mangi a Forcella, direi una fesseria, ma sicuramente risulta molto simile. Il che significa che è la miglior pizza che un essere umano possa mangiare a Londra.
Quindi, voi portate avanti la tradizione, e non vi fate condizionare dai luoghi dove aprite. Si potrebbe trovare la pizza con l’ananas in un vostro menù?
No assolutamente, è contro la nostra religione, noi siamo contrari alla pena di morte e alla pizza con l’ananas.
Poi, certamente, paese che vai, usanze che trovi. Ci sono dei posti nei quali devi necessariamente adeguarti alle esigenze e ai gusti del posto. Ti faccio un esempio, a Londra, se avessi voluto fare solo la Margherita e la Marinara avrei chiuso dopo poco.
Perché in effetti queste pizze le ordinano solo i napoletani che vivono li, i londinesi non le conoscono proprio. Quella che vendiamo di più è la pizza ai funghi e tartufo. Per noi un gusto quasi inconcepibile, che lì apprezzano moltissimo, pagandola ben 20 sterline.
Capita di frequente, che per omaggiare delle pizze storiche campane, le rivisitiamo con i prodotti del posto.
Ad esempio, la famosa salsiccia e friarielli, a Dubai viene preparata usando la salsiccia di agnello perché per le loro regole religiose, è noto che il maiale non si possa mangiare. Il risultato, a mio avviso, è ben lontano dall’originale, e dubito incontrerebbe i gusti locali, ma li invece fa furore.
Hai degli impegni serrati.
Si, ieri sera abbiamo aperto Taranto, e adesso sto accompagnando mio cugino Francesco, Amministratore Delegato della Antica Pizzeria da Michele in the world, che deve andare a Roma, per prendere un volo per Malta dove venerdì apriremo un nuovo locale.
La settimana prossima partirò io alla volta di Barcellona e tra due settimane, Francesco sarà a Ibiza.
Insomma, un sacrificio…
Parliamo della novità della stagione: le pizze Frozen. Ho visto che stanno andando bene.
La Frozen è una pizza che è stata studiata a tavolino, già tre anni fa, durante la pandemia. Ci è venuta l’idea di fare pizze e congelarle per uso domestico, poi per una serie di motivi casuali, abbiamo coinvolto Dario Roncadin che è l’amministratore delegato della Roncadin Spa, azienda di Pordenone, leader nella produzione di pizze surgelate di alta qualità, che esporta oltre il 70% del suo prodotto all’estero.
Parlando con Dario, gli raccontai delle nostre pizze surgelate promettendogli di fargliele assaggiare. Gli spedii le pizze che avevo a casa, e lui dopo qualche giorno mi chiamò, proponendomi di iniziare la produzione.
Così, io e Antonio Falco, il mio amico e pizzaiolo di fiducia, siamo andati più volte nella sede della Roncadin a Meduno.
Dopo numerosi tentativi, prove di impasto, scelta dei nostri ingredienti, siamo arrivati a un prodotto finale eccellente che ci ha permesso di bloccare la ricetta. E una volta studiato il packaging ci siamo preparati a lanciare questa novità.
Essendo una produzione di tipo industriale, non abbiamo lasciato nulla al caso, raggiungendo una precisione assoluta nei bilanciamenti e persino nel diametro misurato al millimetro. Un risultato che ci ripaga del lavoro fatto, in cui l’artigianalità è stata rispettata, se pur rapportata all’attività meccanizzata, con una capacità produttiva di 10 mila pizze all’ora.
Il mercato ha risposto come ti aspettavi?
Non ti nascondo che eravamo preparati a ricevere una shitstorm pesantissima. Conoscendo bene il mondo dei social, ci aspettavamo l’indignazione dei puristi verso quello che per loro era l’abbandono della tradizione. Insomma, dove la modernità e l’innovazione rappresentano l’inizio della fine. Per loro, la pizza di Michele è la norma, e solo così si deve fare.
Fortunatamente il mercato ci ha detto ben altro. Pochi giorni dopo l’uscita della Frozen, ci hanno contattato diversi buyer che volevano la pizza a Dubai e poi negli Stati Uniti, pronti a lanciare la novità con entusiasmo.
Ma ancora più soddisfacente è che gli Ipermercati dell’Italia settentrionale, dopo appena una settimana hanno fatto il riordino perché è andata a ruba.
Dove la state distribuendo?
Il prodotto è stato pensato per i mercati europei e il centro-nord Italia. Zone che non hanno una diffusione capillare di pizzerie come da noi, eppure apprezzano e consumano tantissimo il prodotto, perché altrimenti non si spiegherebbe un mercato così florido.
Al sud Italia, dubito uscirà mai, perché è una realtà completamente diversa. Nei tre anni di elaborazione del progetto, abbiamo capito che il target della Pizza Da Michele Frozen, è formato da consumatori che normalmente non vanno in pizzeria.
E siamo arrivati alla conclusione che anche noi potevamo collocarci nel settore delle pizze surgelate, proponendo un prodotto buono, innovativo e di qualità. Nella speranza che i nostri competitor non cadano nell’errore di affermare che in questo modo si vada a fare concorrenza alle pizzerie.
Possiamo dire con tranquillità che questo è assolutamente falso. Il nostro prodotto, la margherita di Michele Frozen, è diverso dalla pizza che si trova nei locali, già dalle dimensioni, perché la prima, pensata per un mercato domestico, è adeguata a un forno di casa, quindi, misura 30 cm contro i 36/37 di quella in pizzeria.
Quando vi è venuta l’idea di Michele in the World?
Risale a tanti anni fa. Noi, generazione diciamo un po’ più giovane, combattevamo (e non uso a caso questo termine) spinti dal desiderio di uscire dai confini legati ancora al concetto di Bottega, della pizzeria di forcella, che rappresentava una comfort zone, e si faceva fatica a staccarsi e andare oltre. Da trent’anni a questa parte, abbiamo cercato di far valere la nostra volontà, di modernizzarci, di crescere, e soprattutto aprire nuove pizzerie.
Il primo passo è stato quello di registrare il marchio, poi con determinazione abbiamo proseguito fino a quando, nel 2010 è nata Michele in the Word, con la prima pizzeria in franchising in Giappone.
Siete rimasti dietro casa…
Si, abbiamo fatto un tentativo vicino. Questo fa capire la nostra voglia di osare e andare oltre gli schemi. La lontananza allora è stata un bene, perché in quel periodo molto meno globalizzato per via dei social, il mondo non era a portata di click come adesso. Fino a quando non abbiamo aperto Roma e poi Londra. cioè, nel 2016 e nel 2017, non c’è stata una risonanza forte in Italia.
La gente non sapeva che c’era anche una Antica Pizzeria da Michele in Giappone. Cioè, lo sapevano giusto i giapponesi che venivano in Italia. È stata l’apertura di Roma e poi quella di Londra che ci ha spalancato le porte del mondo.
Io ai tempi, facevo quasi il venditore porta a porta, che con i contratti proponeva il franchising. Dopo c’è stata la svolta e da quel momento siamo stati sommersi dalle richieste di affiliazione.
Insomma, tu oggi rappresenti il ragazzo immagine della Antica Pizzeria da Michele in the World.
Mah, direi, l’uomo di mezza età immagine. In realtà, condivido il compito con mio cugino Francesco, che essendo molto più giovane di me, va nei posti più appetibili per quella fascia di età. Così lui andrà a Ibiza per la prossima apertura, mentre io mi recherò in Franciacorta a bere vino e a fare delle passeggiate.
Qual è il messaggio che volete mandare a chi vi osserva?
Abbiamo cercato di dare un’impronta più manageriale a questo lavoro, perché sicuramente la pizza è un’arte, ed è diventata patrimonio immateriale dell’umanità con tutti i meriti. Io però, ho sempre rigettato l’immagine del pizzaiolo Pulcinella, con la maglietta bianca, tipica del folklore napoletano, infarcita di tanti altri stereotipi che ancora si portano avanti.
Mi definisco un commercialista prestato alla ristorazione, e sono intimamente legato al mondo della pizza. Un lavoro che amo, che mi ha permesso di viaggiare, di portare Napoli fuori dai confini regionali, una Napoli che non è Gomorra e malavita, tantomeno Pulcinella, mandolino e babà.
Ecco, noi vogliamo uscire da questi schemi che ci vanno stretti. Quando mi dicono: – Vabbè ma tu sei Michele, tu sei la tradizione, – mi chiedo: – ma perché questo dovrebbe rappresentare un limite, anziché un punto di partenza, per portare avanti altri costruttivi progetti come la Pizza Frozen? Non posso fare una qualsiasi altra cosa che sia più moderna? –
Forse perché si tende a dare un significato riduttivo alla parola tradizione.
Ritengo che la nostra offerta debba essere adeguata ai tempi che viviamo oggi. Noi facciamo cose che le pizzerie universalmente più innovative non fanno. E ne andiamo orgogliosi.
L’Antica Pizzeria da Michele in the World è stata la prima al mondo a lanciare la pizza certificata con la tecnologia blockchain. Inquadrando il qr code è possibile individuare la lista e la provenienza degli ingredienti.
Adesso ci siamo lanciati nell’Universo Virtuale. Ci saranno diverse NFT (asset utilizzati per acquistare o vendere beni digitali) con il logo di Michele, e faremo un museo nel metaverso. Anche io mi approccio ora a queste nuove tecnologie, ma lo faccio con l’entusiasmo di chi è convinto che il progresso sia una cosa buona, non solo per noi.
Insomma, portiamo avanti tutta una serie di progetti che magari il pizzaiolo ritenuto più innovatore di Michele ancora non ha neanche immaginato. Ecco, noi cerchiamo di cambiare in maniera vincente.
In Campania la pizza è una vera e propria icona, ma per me e tanti come me, rappresenta semplicemente un alimento che consumo quando ho voglia di andare fuori con gli amici e di mangiare qualcosa di buono. Tu che ne pensi?
Esatto, la pizza è un piatto democratico, assolutamente trasversale, alla portata di tutti. La Pizzeria Michele a Forcella, era famosa perché, fino a prima del Covid, adesso purtroppo non si fa più, si mangiava in tavoli comuni, e ci si trovava vicino a persone che non si conoscevano, di tutte le età, di tutte le provenienze ed estrazione sociale.
E questo è il messaggio che noi vogliamo portare fuori da Napoli. L’Antica Pizzeria da Michele in the World, rappresenta una cultura non schierata, globalizzata nella sua accezione migliore, che si esprime attraverso il suo emblema più importante, ovvero la pizza.
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