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Di Anna Orlando

17 Ottobre 2024

Di Anna Orlando

17 Ottobre 2024

Nello scorso mese di settembre è stata inaugurata la pizzeria numero 60 della Michele in the Word. La 60ª insegna è stata accesa in quel di Amsterdam dove già era presente una sede della stessa catena. Mentre in terra olandese l’azienda napoletana festeggiava una nuova apertura, a Napoli imperversavano le polemiche e le chiacchiere sull’arrivo in città di un noto imprenditore del Nord Italia.

Si accingeva infatti ad aprire il suo Crazy pizza sul lungomare partenopeo, proprio quel Flavio Briatore che non poche critiche e polemiche aveva attirato già in occasione delle aperture altre città italiane. Tutti divisi insomma tra rimostranze, lamentele e lusinghe per questa avventura napoletana di Briatore visto da alcuni addirittura come un benefattore giunto in città a creare posti di lavoro.

Sicuramente ci immagiamo che, impegnati a fare (bene) il loro lavoro, ben poco si siano preoccupati di seguire sterili polemiche e gossip nostrano, ma per l’occasione dell’apertura della seconda sede di Amsterdam della catena di pizzerie Michele in the world abbiamo voluto scambiare quattro chiacchiere con Alessandro Condurro, AD insieme a Francesco De Luca de L’Antica Pizzeria da Michele in the World.

Nella primavera di quest’anno Alessandro Condurro è stato inserito dal web-magazine Conosci Milano tra i 22 imprenditori napoletani di successo vanto di Napoli nel mondo (tra gli altri esponenti di gruppi come Kiton, Msc, D’Amato) e successivamente tra le 100 persone più influenti del capoluogo partenopeo.

La società, con diversi milioni di fatturato ogni anno, è ad oggi probabilmente la più fiorente catena di pizzerie nel mondo, escludendo competitor del calibro di Domino’s.

Vanta al momento 60 pizzerie sparse in più continenti e ha già annunciato l’apertura della n°61, prospettando un piano di espansione più attivo che mai.

Difficile immaginare che una realtà come quella che è diventata Michele in the World, partita quasi per gioco dalla casa madre di Forcella e arrivata a toccare 4 continenti su 5, possa assecondare questo modo di pensare che forse non ha mai lasciato Napoli dall’epoca delle dominazioni straniere e che oggi risulta desueto e anacronistico.

Alessandro, avete appena aperto la seconda sede di Amsterdam, la n° 60 del gruppo, e intanto sta per arrivare la n° 61. L’avreste immaginato solo 7 anni fa?

<<Assolutamente no. Nel 2017 avevamo appena aperto Stock Newington a Londra, contavamo solo 4 pizzerie, oltre Napoli.
Non ci saremmo mai immaginati neanche lontanamente di arrivare a questo. Il nostro intento era di arrivare ad un massimo di 12 pizzerie.
Oggi siamo a 60, qualcosa in più rispetto a quello che ci eravamo prefissati. Volavamo basso, ci eravamo dati degli obiettivi piccoli ma facilmente raggiungibili, e continuiamo a fare le cose di volta in volta restando con i piedi per terra.
Forse anche in questo risiede il nostro segreto.>>

Però nell’ultimo anno, anzi in pochi mesi, le sedi sono passate da 50 a 60.

<<Sì è vero è successo in pochi mesi. abbiamo aperto a Como la 50° sede nel mese di marzo mentre adesso siamo arrivati a 60 e potremmo arrivare a 70 per la primavera prossima. Una parte sono a gestione diretta, mentre le altre sedi vengono aperte in franchising, quindi con dei partner esterni.>>

Perché tutti vogliono essere da Michele?

<<Senza inutili giri di parole, perché con “Michele” si guadagna, si fa business fondamentalmente. Tutti i partner sono molto affezionati al brand, al marchio, alla nostra pizza. Sono tutti venuti in pizzeria a Napoli, sono innamorati dell’atmosfera.
Poi non si deve dimenticare che i franchising sono investitori e spendono soldi per aprire un’attività, quindi se tante persone vogliono essere “Da Michele”, al punto da litigare quasi per assicurarsi le stesse città, vuol dire che il ritorno economico c’è.
Il nostro contratto di franchising è assolutamente elastico, non è restrittivo, non prende per il collo il partner ma dà ampi spazi, ampio margine di manovra, e quindi, proprio per questo, si trovano tutti bene.>>

Tornando alle polemiche delle ultime settimane, è emersa dai social e dalla stampa una narrazione secondo la quale gli investitori che arrivano in città da fuori sarebbero gli unici a portare lavoro. Nei fatti, per quante persone ha creato lavoro Michele in the world? E se volessimo calcolare l’indotto?

<<Sì, in effetti la cosa che mi lascia sorpreso è proprio questo servilismo che purtroppo ancora conserviamo, questo provincialismo nei confronti degli imprenditori che vengono da fuori. È venuto un imprenditore da Cuneo ad aprire la sua pizzeria a Napoli e gli facciamo tanti in bocca al lupo. Però augurare in bocca al lupo è una cosa, il servilismo tutt’altra.
Vengono a portare posti di lavoro? Noi personalmente non sappiamo cosa fare con i posti di lavoro che ci porta questa
persona.

Noi da Napoli, non solo creiamo autonomamente occupazione, ma portiamo lavoro nelle altre città. Noi non siamo più colonia e non dobbiamo sentirci colonizzati. C’è bisogno di questo ulteriore step up, anzi lo chiedo a tutti gli imprenditori napoletani perché dobbiamo trovare in noi la volontà di compiere questo passo.

Personalmente non mi sento assolutamente inferiore a nessuno che venga da altre parti d’Italia o d’Europa. Siamo noi a portare lavoro a loro e non loro a portarlo qui.

Parlando di numeri, le due pizzerie di Napoli, la sede originaria e la nuova aperta in primavera, contano 60 dipendenti regolarmente assunti e retribuiti. Basti pensare che ci sono fabbriche che non hanno 60 dipendenti, neanche al nord. Poi c’è L’antica Pizzeria da Michele in the World che conta oltre mille dipendenti in tutto il mondo.

Solo in Campania, tra Caserta, tra Aversa, Pompei, Salerno e Pontecagnano, Michele in the world ha almeno un centinaio di dipendenti tutti regolarmente inquadrati e assistiti in tutti i modi da noi. Quindi il valore ce lo sappiamo benissimo creare da soli e sappiamo esportarlo in tutto il mondo. Per non parlare di tutto quanto una rete di queste dimensioni può muovere in termini di materie prime e forniture.>>

Possiamo affermare quindi che siete la realtà del settore più produttiva, performante e smart del momento?

<<Sì, assolutamente. Numeri alla mano, non mi sembra di ricordare altre aziende, almeno non in Campania, che stiano facendo un lavoro come il nostro. E dico questo non per vanto, chi mi conosce sa che sono uomo di numeri, parlo solo con dati alla mano. E proprio con dati alla mano posso affermare che nel mondo un altro Michele non c’è. Siamo per dispersione la miglior catena di pizza artigianale nel mondo.

Siamo presenti in quattro continenti su cinque. Non esiste una catena ancora in fase di espansione paragonabile alla nostra.
Perché è vero che ci sono le grandi catene americane molto più forti di noi, ma c’è da dire che loro sono in calo. Noi invece abbiamo numeri destinati ad aumentare e non a diminuire.
Quindi, senza falsa modestia, oggi possiamo dire di essere oggettivamente i numeri uno. Poi si vedrà.>>

Siete riusciti in pochi anni a realizzare una rete che si è estesa in modo capillare toccando varie parti del mondo e che, dati alla mano come abbiamo appena visto, sembra in continua espansione. Qual è il segreto?

<<La semplicità senza ombra di dubbio.
Siamo una catena nata dall’esperienza, abbiamo imparato dai nostri errori e siamo cresciuti insieme ai nostri partner. Manteniamo sempre rapporti personali e familiari con tutti, che siano dipendenti, fornitori o partner. Questo ci permette di crescere insieme e di affrontare il business come una grande famiglia.>>

Hai mai pensato di mollare tutto?

<<Ogni singolo giorno della mia vita. Ma poi non lo faccio.>>

Cosa vi aspetta nel futuro prossimo?

<<Continuiamo a crescere. La sessantunesima pizzeria sarà a Modena, entro la fine dell’anno apriremo a Brescia, Lugano e Pescara. Nei primi mesi del 2025 andremo a Venezia e finalmente in Francia, a Parigi. Abbiamo piani anche negli Stati Uniti e in Arabia Saudita. Finché continueremo a divertirci andremo ancora avanti.>>

Che dire se non che questa è la Napoli che ci piace e che ci auguriamo di sentire sempre più voci fuori dai soliti cori, da parte di imprenditori illuminati che in città non mancano di sicuro, come testimoniato anche dall’attenzione che la stampa nazionale sempre più spesso riserva alle aziende partenopee.

Vien meno, forse, la presa di coscienza di buona parte di questa nuova leadership locale, come ipotizzato dallo stesso Condurro, che almeno nel settore del food tarda ad arrivare ma che fortunatamente in altre categorie ha già dato i suoi frutti.

Michele in The Word Link

MEatingNews intervista ad Alessandro Condurro Link

Anna Orlando

Direttore Responsabile
Calabro-lucana di nascita, campana di adozione. Dopo una laurea in Giurisprudenza e molti anni di professione forense, finalmente realizza un (uno dei tanti) sogno nel cassetto e diventa giornalista pubblicista. La passione per il cibo e le collaborazioni degli ultimi anni fanno il resto.
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