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Di Raffaele Fattopace

5 Aprile 2025

Di Raffaele Fattopace

5 Aprile 2025

Mogadiscio, incastonata in un contesto geografico particolare, questa porzione di mondo vive bistrattata da tante diverse realtà. Le dinamiche di politica interna che hanno caratterizzato gli ultimi anni.

Le ambiguità e i limiti che queste contengono si appoggiano tuttavia su linee di tensione strutturali che caratterizzano il faticoso processo di consolidamento statale e che, più in generale, hanno a che fare con la peculiare posizione strategica della Somalia, linea di cerniera e raccordo tra Medio Oriente e Africa, così come tra Mediterraneo e mondo asiatico.

Sul piano interno, i dilemmi politici alimentati da queste tensioni fanno riferimento in particolare al rapporto tra il governo centrale e gli stati federati (da nord a sud: Puntland, Galmudug, Hirshabelle, Regione sud-occidentale, Oltregiuba), nonché al rapporto tra stati federati stessi, come unità amministrative a sé stanti, e la distribuzione più fluida sul territorio dei gruppi tribali. Tali dilemmi rinviano inoltre al tema dello spazio dell’islam politico nella sfera pubblica.

In questo contesto di “instabilità” vive con il suo laboratorio un artista locale Ahmed Hassan Sheikh.

Formatosi per strada, autodidatta somalo di origine, un quartiere rumoroso e vivo dalle tante attività che consegue un aeroporto, il più importante della nazionale, spesso si è accompagnati da sbuffi di sabbia che sorretti dagli Alisei formano dei vortici o meglio delle forme incerte, un po’ come l’aria di approssimazione che si respira da queste parti…

Questo vento equatoriale, porta in seno un aria calda che per chi non è autoctono trova difficile la convivenza ed è qui che Ahmed con il suo pennello morbido, senti lo scorrere sulla tela quasi da sottofondo, inizia a tratteggiare su di una tela i suoi acquerelli e con un miscuglio di colori porta alla luce dei veri capolavori.

Le sue opere sono improntate in una varietà di soggetti.

«Dipingo la fauna selvatica come gli elefanti, giraffe ecc, i ritratti, gli astratti, i paesaggi, mi piacciono anche i dipinti sul ricco patrimonio culturale del popolo somalo. Amavo l’arte da bambino ed oggi è ciò che riesco a fare nella mia vita».

Perché nei suoi dipinti spesso vi sono donne e bambini?

«La maggior parte delle volte uso donne e bambini nei miei dipinti perché sono più vulnerabili nella società. Quindi i dipinti sono il simbolo delle sofferenze che attraversano. Di solito dipingo tutte le tribù e i clan somali senza essere di parte in un gruppo in particolare».

Siamo a Mogadiscio com’è la città e cosa augura per il futuro della capitale e della nazione?

«La normalità e la pace a Mogadiscio stanno gradualmente migliorando. L’attuale regime e i diversi gruppi e organizzazioni per le relazioni internazionali stanno facendo molto per garantire il ripristino della pace e il ritorno alla normalità degli affari. Il popolo somalo crede che le guerre civili causeranno solo danni e dolore e distruggeranno lo sviluppo. Una delle principali sfide è che la maggior parte dei giovani sono disoccupati, anche quelli con competenze e conoscenze sul lavoro artistico. Coloro che vengono presi in considerazione per l’occupazione sono coloro che hanno studiato all’estero e il loro numero è trascurabile».

Avrebbe un desiderio che vorrebbe realizzare?

«Essendo un patriota ho iniziato corsi di arte e pittura a casa mia e frequento più di 100 giovani interessati alla pittura. Alcuni dei miei studenti hanno ottenuto molto e attualmente lavorano come giovani indipendenti che lavorano in proprio. Ho un mio slogan che dice “qoriga dhig qalinka qaado” che significa lascia cadere o metti giù la pistola, prendi la penna. Questa frase è destinata a molti giovani per capire che essere un ribelle e lavorare con i signori della guerra alimenterà guerre civili senza fine… Ho ispirato molti giovani e desidero cambiare l’energia negativa che si manifesta nei giovani somali e credo che un giorno Mogadiscio e la Somalia in generale saranno un “Paradiso di Pace”».

Ad Ahmed Hassan, cosi come i tanti giovai e la popolazione che ho avuto modo di vedere per le strade o semplicemente per mercati rionali, traspare dagli occhi una sete di serenità, di volere la stabilità e vivere questa nazione in piena pace.

I paesaggi che man mano si percorrono chilometri si lasciano alle spalle, ti confondono per le bellezze che offrono, per il clima equatoriale, che quasi volesse baciare questa terra, come tendere una mano in questa apparentemente lenta ripresa.

L’augurio che a breve si potrà iniziare a parlare di autentica stabilità e che tutto possa tornare alla normalità in modo che questo popolo martoriato da continue, troppe guerre fratricide possano trovare le strade del tramonto e finalmente svegliarsi al chiarore di un’alba che indichi finalmente la ripresa.

 
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Uomo in terrazza con vista sul Vesuvio al tramonto.

Raffaele Fattopace

Giornalista pubblicista, di origini casertane e da anni racconta cosa accade nel mondo.Laureato in Scienze Politiche delle Relazioni Internazionali, si occupa di Politica Internazionale, analizzando scenari globali con particolare attenzione alle dinamiche geopolitiche e alle loro implicazioni.Ha una forte passione per il Diritto Internazionale Umanitario, che guida il suo lavoro nell’interpretare conflitti, crisi e strategie diplomatiche.Il suo obiettivo è offrire un’analisi chiara e approfondita, andando oltre la superficie delle notizie.
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