Il patrimonio culinario italiano è un mosaico di sapori, sfumature, profumi e tradizioni tramandate di generazione in generazione dove ogni ingrediente ha un ruolo fondamentale. Ma se dovessimo eleggere un re indiscusso, il pomodoro salirebbe sul trono senza esitazione.
È infatti il protagonista di piatti iconici come la pizza margherita, gli spaghetti al sugo, la fresca caprese, tante bruschette estive. Oggi è così radicato nella nostra identità culinaria che sembra impossibile immaginarne la mancanza del suo colore brillante e del suo sapore inconfondibile.

Eppure, la sua storia è molto più complessa di quanto si possa pensare. Il pomodoro, infatti, non è sempre stato l’amorevole protagonista delle nostre tavole, ma un ospite arrivato tardi che ha dovuto compiere un lungo viaggio, inizialmente guardato con diffidenza e sospetto e persino timore.
Un frutto esotico da oltreoceano
Il pomodoro non è originario dell’Italia né del Vecchio Continente. Le sue radici affondano in un lontano passato nelle regioni andine del Sudamerica, tra l’Ecuador, il Perù e le Isole Galapagos, dove era un frutto selvatico. Furono le civiltà precolombiane, in particolare gli Aztechi in Messico, a coltivarne le prime varietà, a venderle nei mercati e soprattutto a integrarle nella loro dieta. Lo chiamavano xitomatl, termine che, attraverso la mediazione dello spagnolo tomate, è arrivato a noi come “pomodoro”.

Da pianta ornamentale a delizia proibita
Nel XVI secolo, gli esploratori spagnoli fecero da ponte portandolo in Europa come curiosa novità botanica, uno dei tanti “souvenir” del Nuovo Mondo. La sua accoglienza, tuttavia, fu tutt’altro che calorosa. Il suo colore acceso e le sue forme sinuose lo resero un’attrazione, un insolito elemento ornamentale per l’alta borghesia da mettere in mostra, simbolo di status e non di sostentamento.
Non tutti erano a proprio agio con lui. C’era infatti chi lo riteneva velenoso, sospetto non del tutto infondato, dato che le sue foglie e il fusto contengono solanina, una sostanza tossica comune a molte piante della famiglia delle Solanacee, la stessa della patata (allora altrettanto sospetta) e della letale belladonna. Questa parentela botanica generò un profondo timore, e per quasi due secoli, il pomodoro rimase confinato nei giardini aristocratici e botanici, ammirato per la sua bellezza ma temuto per la sua potenziale tossicità.
La sua consistenza molle, il sapore acido da acerbo e la difficoltà nel cucinarlo, lo resero per lungo tempo poco appetibile. Alcuni medici dell’epoca ne sconsigliavano addirittura il consumo.
Il battesimo italiano del pomodoro e la nascita di un’icona
La prima testimonianza italiana che rompe il ghiaccio, arriva nel 1544, con il timido ingresso in cucina, grazie al medico e botanico Pietro Andrea Mattioli. Nel suo libro Herbario, descrive il pomodoro come un frutto dorato, probabilmente una delle prime varietà gialle giunte in Europa, che, pur se tossico in alcune parti, poteva essere consumato fritto con olio, sale e pepe.
Questa fu la scintilla che accese una lenta, ma inesorabile, rivoluzione e fu proprio Mattioli a coniare il termine “pomo d’oro”, un nome che evoca la sua preziosa bellezza e che, con il tempo, si è trasformato in “pomodoro”. Ma la strada verso la totale accettazione fu lunga. Bisognò aspettare quasi un secolo e mezzo per la prima vera ricetta italiana a base di questo prezioso ortaggio.
Il grande punto di svolta arrivò a Napoli nel 1692 con Antonio Latini, cuoco e scrittore di ricette, che nel suo Lo Scalco alla Moderna propose una ricetta di una salsa di accompagnamento a base di pomodoro denominata “alla spagnola”, in cui veniva cotto con melanzane e zucchine.
Fu così che, nella vivace cucina napoletana, il pomodoro iniziò a diffondersi tra le classi popolari, grazie alla sua versatilità, al sapore intenso e alla facilità di coltivazione in un clima caldo.
Il resto, come si suol dire, è storia. Il sugo di pomodoro divenne la base di innumerevoli ricette, e con l’invenzione della pizza margherita nel 1889, il pomodoro consolidò la sua posizione di icona nazionale, diventando la base di piatti che oggi sono la quintessenza della cucina italiana nel mondo.

Dalle tradizioni alla cucina d’avanguardia: il Pomodoro Gourmet
Settantacinquemila varietà nel mondo, trecento solo in Italia, se il pomodoro ha trionfato nella cucina popolare, oggi è un elemento imprescindibile anche nella cucina d’autore e gourmet. Gli chef stellati ne esplorano ogni aspetto, valorizzandone la complessità aromatica e le diverse consistenze. Non si tratta più solo di fare un sugo, ma di esaltare la sua essenza.
Le varietà d’eccellenza
La scelta del pomodoro è il primo passo. Il San Marzano DOP, con la sua polpa soda e il basso contenuto di semi, è l’ideale per salse dense e saporite. Il Pachino I.G.P., dolce e succoso, si presta a cotture veloci o al consumo crudo. Il Cuore di Bue, con la sua polpa carnosa e l’acidità delicata, è perfetto per insalate o ripieni. I pomodorini datterini, molto dolci, sono usati per confetture, chutney o semplicemente come “esplosioni” di sapore in un piatto.

Tecniche innovative in cucina
Accanto alla cottura tradizionale, il pomodoro diventa protagonista di tecniche innovative che ne rivelano sorprendenti sfumature. La fermentazione, ad esempio, intensifica la nota umami e sviluppa aromi complessi, dando vita anche al cosiddetto garum di pomodoro, un condimento prezioso nella cucina gourmet. L’essiccazione a bassa temperatura concentra la dolcezza e il colore, trasformando il frutto in polveri, oli o chips croccanti, mentre la sferificazione racchiude succhi ed estratti in piccole perle che esplodono al palato, regalando un’esperienza multisensoriale. Sempre più diffusa è anche la distillazione, che restituisce un’acqua cristallina dal profumo intenso, ideale per cocktail e marinature, così come l’affumicatura, capace di aggiungere profondità di gusto e sentori terrosi. Persino l’azoto liquido trova spazio nelle cucine d’autore, trasformando il pomodoro in sorbetti o polveri ghiacciate che sorprendono per freschezza e leggerezza, mantenendo inalterate le proprietà organolettiche.

Il pomodoro è ben più di un semplice ingrediente, è un simbolo che rappresenta la dieta mediterranea, la semplicità, il gusto genuino e la freschezza della stagionalità, e ogni varietà racconta una storia di creatività culinaria.
La sua è una favola moderna che lo vede passare da frutto esotico, inizialmente guardato con diffidenza, a un prezioso alimento protagonista della varietà e dell’ingegno della cucina italiana. Dalle tavole di tutti i giorni alle creazioni più raffinate, la sua storia ci ricorda che i più grandi successi spesso nascono da umili inizi e da un attimo di coraggio nel superare la diffidenza.